Ieri Papa Francesco ha terminato il suo viaggio in Messico, celebrando Messa a Ciudad Juarez, davanti al muro che separa l'America Latina dagli Stati Uniti D'America,
il piu' lungo mai costruito dall'uomo dopo la grande muraglia cinese.
Migliaia di vite inghiottite sul confine più militarizzato nel Pianeta (insieme a quello che isola i territori palestinesi),
migliaia di vite spezzate (il termine femminicidio e' stato utilizzato per la prima volta proprio per quello che accade a Ciudad Juarez) dalle violenze dei narcos, delle pandillas (gang criminali), dai coyote (i passatori), ma anche dalle violenze delle autorita' e delle polizie corrotte.
migliaia di vite spezzate (il termine femminicidio e' stato utilizzato per la prima volta proprio per quello che accade a Ciudad Juarez) dalle violenze dei narcos, delle pandillas (gang criminali), dai coyote (i passatori), ma anche dalle violenze delle autorita' e delle polizie corrotte.
La testimonianza evangelica di Papa Bergoglio (e di quella Chiesa che e', anche li', in prima linea nell'assistenza ai migranti, nelle opere sociali, nel seminare la speranza) davanti al muro che separa il Texas dal Messico, ha scosso profondamente il dibattito nell'America in piena campagna elettorale.
Il piu' importante quotidiano statunitense, il NYTimes, ha dedicato l'editoriale odierno alle parole ed alla testimonianza del Papa davanti ad una delle tante croci impiantate nella terra arida di Ciudad Juarez , diventata un memoriale alle migliaia di migranti morti nel tentativo di raggiungere gli States, invitando la politica ( quella repubblicana ) a non speculare e strumentalizzare con la paura, una questione di dimensioni bibliche, probabilmente antropologiche, qual'e' quella delle migrazioni di massa (anche verso l'Europa).
Gli ultimi attacchi di Donald Trump al Papa hanno sortito l' effetto opposto: rendere il fattore Francesco, nella corsa alla Casa Bianca, ancora piu' incisivo (la Chiesa Cattolica negli States e' molto forte, sia per numero di fedeli, in continua crescita anche per l' ispanizzazione della societa', sia perche' rimane l'istituzione sociale, caritativa ed educativa piu' importante, piu' indispensabile, anche piu' dello stato stesso).
Sono cattolici Jeb Bush e Marco Rubio (quest'ultimo con buone probabilita' di riuscire a vincere le primarie), entrambi in corsa per il partito repubblicano.
Ma al di la' delle piccole o grandi baruffe politiche, quello che ha fatto ieri papa Francesco, celebrando messa al confine tra Stati Uniti e Messico, è un'atto politico globale: nella ricerca di nuovi paradigmi di sviluppo, il gesuita sfida apertamente quei sistemi sociali e politici che generano poverta', accaparrandosi ricchezze e risorse, lasciando le briciole alla stragrande maggioranza delle popolazioni, costrette ad emigrare o ad arruolarsi nei cartelli del narcotraffico, e sfida apertamente le stesse mafie, che sa' bene essere funzionali a quel tipo di sistema economico, costruito su ingiustizie, sfruttamento, corruzioni, paradisi fiscali.
L'America Latina, in questa visione, e' un laboratorio enorme, anche perche' oggi la diseguaglianza è in aumento e l’austerità a causa della crisi rischia di peggiorare le cose.
Sfide globali del soldato Bergoglio, il soggetto geopolitico (ma lo e' la Chiesa Cattolica tutta) piu' lungimirante ed attivo oggi sul Pianeta, che pone sempre al centro di ogni cambiamento
la misericordia, l'amore di Dio, capace di cambiare i cuori, capace di cambiare le vicende umane, persino quelle del Mondo.
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