1 Premessa E Ringraziamenti.
"Nella vita ordinaria noi raramente ci rendiamo conto che riceviamo molto di più di ciò che diamo, e che è solo con la gratitudine che la vita si arricchisce."Dietrich Bonhoeffer.
Non vi ero mai stato prima di allora, quel primo di Luglio in cui arrivai in Sicilia in nave, sbarcando al porto di Palermo proveniente da Genova; la lascio a metà Dicembre di questo 2020.
Ringrazio la comunità comboniana che mi ha accolto e sostenuto in questo periodo significativo, denso, pieno di vita, segnato anche da un incidente in bicicletta, proprio mentre mi recavo alla Mensa Caritas per il servizio di volontariato, incidente che non ha avuto, grazie a Dio, conseguenze gravi, anche se l’impatto e’ stato rovinoso, e forti gli ematomi riportati, rientrati quasi completamente dopo poco tempo. Ringrazio il Signore anche per questo, e più in generale per il cammino che ho percorso fin qui, poco lineare, ma intenso, forte, emozionante, che sento di non riuscire a trattenere, che fatico a contenere ed a comprendere, se non in piccola parte.
Ringrazio per le testimonianze missionarie, di dedizione, cura e servizio, di cui sono stato testimone, in particolare quelle dei religiosi comboniani della mia comunità della parrocchia di S. Lucia al Borgo Vecchio, Padre Antonio, Padre James, Fratel Claudio,
e ringrazio le testimonianze delle mie compagne dell' unità di strada Caritas, Deborah, Nadesh e Suor Gabriella.
Ringrazio tutto il personale del centro Agape, le donne e gli uomini della mensa di S.Carlo, Giovanna, i volontari Paolo, Tina, e tutti i ragazzi del servizio civile, e ringrazio Eli, così lontana, così vicina...
Alle tante persone che ho incontrato in questo cammino palermitano - i parrocchiani di S.Lucia, i bei gruppi del "colazionando" (l' iniziativa della parrocchia di condividere la colazione con alcuni bisognosi), Marianna, Rosalia, gli ospiti del dormitorio e soprattutto i senzatetto ed "emarginati" che ho avuto la grazia di conoscere - ad ognuno di loro, auguro una vita piena, soprattutto di "sentirla in pienezza", pur tra le inevitabili difficoltà della vita.
Farsi e sentirsi pieni - di stupore come davanti ad un tramonto al mare, ad un cielo terso stellato, alla meraviglia del creato,
-di bene per una parola gentile, per una carezza data e ricevuta, per la forza trasformatrice della parola di Dio,
-come davanti alle testimonianze dei tanti giusti che ci circondano, quelli che rendono possibile resistere, e guardare oltre, a culture globalizzate dello scarto e dell'indifferenza.
Stare insieme "agli ultimi", "agli scartati", ai "dimenticati" e' un privilegio, perché e' con loro, più che altrove, che percepiamo il desiderio di misericordia, di grazia, che s'innalza dagli uomini. E che riguarda anche noi, perchè poveri, assetati, nudi, affamati, lo siamo tutti, ed ovunque la condizione umana e' fragile e precaria, ma non per questo siamo battuti. Desideriamo amare ed essere amati, curare ed essere curati, e la misericordia, la cura, l'amore che doniamo ci aprono all' immortalità, alla meraviglia della vita che prevale sul male, sul dolore, sulla morte.
Siamo granelli di sabbia davanti all'eternità del mare, delle sue onde, del suo orizzonte, dentro una storia di salvezza.
“Ogni cosa e’ illuminata”.
2 Palermo, Un Contesto Di Autentica Missione.
“Ognuno di noi sente dentro di sé una inclinazione, un carisma. Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita. 𝗦𝗲 𝗼𝗴𝗻𝘂𝗻𝗼 𝗳𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗰𝗼𝘀𝗮, 𝘀𝗶 𝗽𝘂𝗼̀ 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗼"don Pino Puglisi.
Città affascinante, ricca di storia e di bellezze artistiche che ne descrivono la ricchezza, la complessità, gli intrecci umani millenari. Occhi azzurri nordici ed occhi neri come la pece si mischiano, convivono, producendo varietà e bellezza. Il melting pot e’ un processo storico ed antico in Sicilia, proseguendo oggi con una forte presenza di immigrati asiatici (filippini e cingalesi in particolare) e dall’Africa (Nigeria e Ghana soprattutto).
La realtà e’ ovviamente segnata da forti problematiche, di contrasti, sia economico-sociali che culturali, molto visibili: più in generale la questione meridionale interroga, le dinamiche di sviluppo e sottosviluppo tra nord-sud (in Italia come nel Mondo), le sperequazioni economiche e sociali altrettanto, in questo senso Palermo e’ rappresentativa e paradigmatica di queste dinamiche, un laboratorio sociale e quindi politico, un laboratorio su uno dei fronti cruciali in cui si intrecciano ingiustizie, corruzione, povertà culturali ed economiche, violenza e sopraffazione, ossia quello delle grandi organizzazioni criminali, funzionali a poteri loschi, a strutture perverse e di peccato, a zone grigie che condizionano e forse determinano, in parte, processi (d’involuzione ) globali.
Un laboratorio che ha prodotto e donato al Paese Italia, (ma anche al mondo, visto che, per esempio, la legislazione antimafia italiana e’ la più ricca e complessa), anticorpi fondamentali per la salute delle stesse democrazie, a caro prezzo, quello delle tante vittime della violenza criminale.
E che ha donato anticorpi per la stessa Chiesa, che in questo contesto ha ovviamente un ruolo fondamentale, su tutte la testimonianza del beato Don Pino Puglisi e’ lì a testimoniarlo.
Di Palermo ricorderò la vivacità e la ricchezza della solidarietà, quasi non c’era sera in cui, nelle uscite con l’unità di strada Caritas, non ci incontrassimo con altre realtà associative di solidarietà e di carità, di laici e non, di giovani e non, volontari.
Infine il cibo, straordinariamente ricco e vario, come una cartina di tornasole della meravigliosa terra di Sicilia.
3 Unità Di Strada, Essere Nella Strada.
Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia » San Paolo.
La strada e’ il luogo e “non luogo” per eccellenza, vissuto, narrato e ripreso, non solo da innumerevoli santi e missionari, come Francesco D'Assisi, Ignazio Di Loyola, o come lo stesso Daniele Comboni nelle strade polverose dell'Africa, ma anche da artisti, cantanti, scrittori e viandanti, ed ovviamente dagli stessi Vangeli, che ci narrano soprattutto di un Gesù in cammino, della sua testimonianza e predicazione terrena, avvenute sulla strada, tra l’umanità, con l'umanità.
Jack London, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Gli U2 di “Where the streets have no name”, il Pasolini di “La lunga strada di sabbia”, lo scrittore statunitense cult di “On The Road- Sulla Strada” Jack Kerouac ,non sono che alcuni, tra i più noti, letterati ed artisti di opere, anche spirituali, fortissime, che hanno riportato al centro la strada, opere ispirate anche da un cattolicesimo "nascosto" (lo stesso Kerouac amava definirsi «non un “beat” ma uno strano pazzo mistico cattolico), ma ardente, in tensione, vivo, trasformante, vissuto da un punto di vista in bilico ma privilegiato, quello della strada appunto, il luogo dove, più che altrove, "abbonda il peccato e sovrabbonda la grazia".
Personalmente ho sperimentato sempre una grande grazia a stare nelle strade, fossero quelle africane, del nord o sud America, a Milano od a Padova, dove ho avuto diverse esperienze da volontario con e tra i senzatetto, in base anche a questo credo sia possibile tracciare delle annotazioni, senza pretese didattiche od assolutistiche:
chi finisce a vivere e dormire in strada spesso non ha più nulla, nessuna struttura di protezione, di relazioni, amicizie, famiglia, e spesso anche una strutture fisica (la salute) compromessa, debilitata anche per via delle dipendenze, l'alcol e le droghe diventano analgesici della disperazione in chi vive ai margini,
gli rimane però una forte capacità di “sentire”, e di “vedere” con il cuore, in maniera autentica e spesso anche profonda, senza “filtri”.
Sono proprio questi emarginati, “gli scartati” della società, essendo fuori da ogni struttura, da cui sono stati “respinti” perchè incapaci o particolarmente già fragili o “difettati”, che più di altri sono capaci di leggere meglio il cuore, di sentirne l’autenticità, l’affetto, di sentire la cura che “mettiamo in circolo” quando ci relazioniamo a loro.
E non sono affatto invisibili, piuttosto stanno “altrove”, slegati come sono da relazioni stabili e da convenzioni e formalismi che talvolta la società impone, semmai si sentono sviliti ed oppressi da meccanismi di forti fragilità psicologiche;
in questo senso, che ci si trovi in una città del profondo Midwest americano o che ci si trovi in una città europea, i senzatetto paiono assomigliarsi tutti, almeno su alcuni aspetti estetici,
inoltre la vita di strada li conduce ad arrangiarsi, a sviluppare continuamente barriere di difesa e di aggressione, a non fidarsi di nessuno, ma dietro quella scorza in cui si nascondono, prevalgono forti fragilità emotive e psicologiche: ed e’ proprio quando ci si entra in relazione, con fatica e con continui “ritorni indietro” , che tali fragilità emergono chiaramente, così come emergono le loro storie di sofferenza, di abbandono, di solitudine.
Che riescano, soprattutto che vogliano, cambiar vita, e’ molto difficile, ma, nonostante ciò, nonostante tutti i difetti, le povertà umane (ancor prima che economiche) che in loro sono così palesi ,ma che riguardano ognuno di noi, sono da amare, da amare così come sono. E’ proprio in questo senso che i poveri possono evangelizzarci, rappresentando l’umanità su cui, per noi cristiani, dovrebbe essere scontato riporre lo sguardo più misericordioso.
Alla fine della vita, nel giorno del giudizio, come ha detto Enzo Bianchi, saremo giudicati non su presunte adorazioni o ritualità sacrali, inventate dagli uomini, ma su gesti e omissioni verso i fratelli e le sorelle nel bisogno, “perché il corpo di ciascuno di loro è più santo del tempio di Gerusalemme e di ogni altro tempio o chiesa”.
Sulla strada si trovano anche le prostitute, e l’unità in cui ero inserito prova a portar loro conforto, ascolto, vicinanza, approcci verso piccole, significative, opportunità perché inizino qualcosa di diverso, un nuovo cammino che possa aiutarle ad uscire da situazione, spesso, di schiavitù, anche se non economica, psicologica, qualche volta persino "culturale". Ho provato anch'io, molto timidamente per la verità, a portare qualche piccola parola di conforto nei loro confronti, un punto di vista maschile, non con intenti giustificatori o deresponsabilizzanti, ma di comprensione delle fragilità affettive degli uomini, che alle ragazze si approcciano, cercando sesso a pagamento,
soprattutto ad ascoltare, a lasciar fare alle mie compagne dell'unita' di strada, molto più sensibili e capaci di relazionarsi con altre donne così fragili. Un tema forte quello della prostituzione, in cui si intrecciano questioni economiche, di sfruttamento, di illegalità, ma anche di culture che relegano la donna ad oggetto, in società sempre più sessualizzate e provocanti per tutti.
Ma la strada rimane pur sempre anche un luogo di perdizione, di insidie, dove si rischiano coinvolgimenti, incidenti, ma, in definitiva, non e' la vita stessa che ci richiede di rischiare, di coinvolgerci, di comprometterci? Non fa così una madre con il proprio figlio?
Lo spirito soffia forte nei luoghi più esposti, sui crinali di montagna, nei mari aperti, sui cammini esposti e poco riparati, in questo senso la strada diviene spazio e tempo di reale e privilegiata opportunità di conversione e redenzione, in primis per noi operatori pastorali e volontari; da lì la necessità degli ospedali da campo, come luoghi di ristoro, cura e misericordia, sulla strada.
Il Cristiano, oltretutto, nella logica della sequela e' chiamato al coraggio, al non avere paura, a essere speranza, a sognare in concretezza possibili, reali, percorsi di bene, ed a discernerlo e costruirlo.
A non scandalizzarsi, come diceva Pasolini: "gli uomini di profonda religione non si scandalizzano mai. Non credo che Cristo si scandalizzasse mai, anzi non si è mai scandalizzato; si scandalizzavano i Farisei".
In questi mesi di missione a Palermo, sono stati innumerevoli gli episodi che abbiamo vissuto con l’unità di strada, tantissimi i volti incontrati, i frammenti di storie ascoltate, ne ricorderò solo tre, non più significativi di altri, ma intensi e che ci hanno colpito particolarmente:
Il volto di Donato, uomo sulla quarantina, senzatetto che abbiamo avuto modo di conoscere, almeno un po', in questo ultimo periodo, finito in strada dopo varie peripezie e lavori in giro per l'Europa, facendo anche comparse in spot televisivi e video musicali, in una foto e' ritratto con sua figlioletta di pochi anni, la tiene in braccio, il volto di entrambi, papà e figlioletta, e' sereno, dolce, ma quel volto, quei volti sorridenti, oggi non ci sono più, sostituiti da uno cupo, sofferente, spesso perso nel vuoto, il suo, quello di Donato,
non posso comprendere la sofferenza che sta vivendo questo padre che non vede la figlia da mesi, che non la vede crescere, posso solo sforzarmi di avvicinarmi al suo dolore, a non giudicarlo, non giudicare il suo essere in buona parte responsabile del problema, responsabile della situazione che vive, degli sbagli fatti e ripetuti, della sua spregiudicatezza ed immaturità che percepisco in lui, che lui stesso mi ha confidato, piuttosto provo a dirgli una buona parola, ad accompagnarlo, ad invitarlo a costruire, prima ancora a costruirsi migliore, per poi ricominciare dall'affetto più grande, la sua meravigliosa figlia, a darsi da fare perché torni quell'abbraccio della foto che mi ha mostrato, del suo sorriso d'amore con la bimba. Mi fa intendere che ci proverà, e noi ce lo auguriamo,
il volto di Rosalia- una giovane donna che letteralmente viveva seduta e sdraiata su una panchina, affetta da una malattia che le impedisce movimenti normali- era invece "stravolto", sporco, in completo abbandono, uno specchio della sua incapacità non solo a lavarsi, ma anche di non farsi addosso i suoi bisogni, su una panchina davanti alla stazione. Dopo tanti tentativi, approcci, visite, si e' sollecitato un tso, avvenuto qualche settimana fa, con la speranza di un nuovo inizio, che possa trovare persone capaci di occuparsi di lei, di rivolgerle attenzioni e qualche gesto di tenerezza, così come abbiamo provato a fare noi, anche se solo per quei brevi, intensi, periodi di visita, con l’augurio che sperimenti l’amore che salva,
infine il volto di Mohamed, senzatetto "storico", conosciuto a Palermo grazie anche ad un libro in cui e' protagonista, provato dalla vita di strada, dal suo vivere, da anni, forse decenni, sotto una pianta, nei giardini del Foro Italico, amico dei gatti, lui stesso se ne prende cura insieme ad alcuni gattari, una persona affabile, intelligente, di buona cultura, capace di conversare con intelligenza e profondità, ma irremovibile ed inamovibile da lì, da quello spazio e da quel tempo che lui, prima ancora dell'indifferenza dei numerosi passanti e dei podisti che gli passano vicino ogni giorno, vorrebbe dimenticare, dimenticando forse il suo passato, i fantasmi che lo perseguitano, i vizi, le paure, le perversioni, ed allora senza pretese di cambiarlo, il suo volto sorride e si fa meno aspro quando si passa a trovarlo, quando gli si dedica del tempo, quando lo si ascolta, quando gli si offre un caffè ed un cannolo, come fossero carezze.
Tante, tantissime le storie come le loro, di invisibili solo a chi non li vuole vedere, storie di vita, di umanità, di sofferenze e dolore, ma anche di misericordia.
La strada dunque, il luogo privilegiato del peccato e della perdizione, ma anche della redenzione e della grazia, dove, più forte che altrove, riecheggia forte il desiderio di tutti : amare ed essere amati.
4 Sentire Ed Accarezzare: "Vi darò Un Cuore Di Carne".
“A un cuore in pezzi nessuno s'avvicini senza l'alto privilegio di aver sofferto altrettanto” Emily Dickinson.
Non e' amore se non ci si compromette, e solo se ci si compromette ci si innamora, e’ la scintilla, in definitiva, che ci porta a comprometterci, a farci crescere nell’amore, a farlo crescere intorno, nei volti che rendiamo più dolci, più curati, più benevoli, l’amore come unico slancio che trasforma le situazioni. Ma e' chiaro che senza responsabilità e corresponsabilità non ci saranno mai trasformazioni, e nemmeno crescerà l’amore, che necessità continuamente delle nostre fatiche ed attenzioni, della nostra crescita e passione.
Le logiche del “devo farlo”, quelle di un mediocre senso del dovere, ed anche quelle del “si e' sempre fatto così”, non sono logiche di amore, che invece e' logica di sentire e di fare nostro il dolore degli altri, il bisogno di carezze e di comprensione di ognuno di noi, di chi ci sta vicino, del prossimo anche lontano. Sentire il desiderio di amore, di amare ed essere amati in ognuno di noi: lo faccio perché sono amato ed amo, perché in fondo al cuore so' che se amo sarò amato ancor di più.
Sulla rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica”, a commento della lettera di Papa Francesco inviata alle POM (Pontificie Opere Missionarie), leggevo questa citazione di Sant’Alberto Hurtado, che, poco prima di morire, stava scrivendo qualcosa sul «senso del povero», che per lui era l’essenza del cristianesimo; scrisse: «Il senso del povero è la capacità di interessarsi al povero, di scoprire nella fede la sua vera identità, vale a dire, che il povero è Cristo, dunque dell'avere una devozione affettuosa per il povero, che implica il rispetto e la cura per la sua dignità”.
Accarezzarli dunque, con lo sguardo, con una buona parola, con movimenti che effondano questa carezza, anche quando distribuiamo un sacchettino di alimenti o di kit igienico-sanitaro. Prendere tempo, ascoltarli. Ascoltare il grido dei poveri e' ascoltare Dio.
Qualche volta (poche per la verità, e questo grazie ai volontari) siamo stati testimoni, anche qui a Palermo, di lancio di sacchettini di cibo da parte di senzatetto nei confronti di volontari che porgevano loro gli aiuti, proprio perché il volontario in quel caso non consegnava con attenzione, cura e gentilezza , lo stesso sacchettino, che veniva letteralmente lanciato addosso al mittente, questo proprio per il rifiuto di chi vive ai margini, di essere trattato come numero, di essere dimenticato, di rimanere invisibile.
E' certo importante offrire un aiuto, che sia un sacchetto di viveri, del cibo, un vestito od un kit igienico sanitario, ma e' altrettanto fondamentale accompagnarlo con gesti e sguardi di tenerezza, di gentilezza, di apertura, e possibilmente in un dialogo, in una relazione da costruire ed in divenire.
Ai giardini di piazza XIII Vittime, luogo in cui stazionano e dormono diversi senzatetto, in una tarda serata autunnale, umida e particolarmente scura, una coppia di giovani fidanzatini, teneri nei loro sguardi, stavano baciandosi su una panchina, attirando una curiosa, simpatica e benevola, attenzione degli stessi homeless che vivono li, tanto che uno di loro, in modo molto pudico e gentile, voleva omaggiarli di una panino, affinchè lo dividessero tra loro due. Un gesto tenero ed eloquente, che colpì loro, i due giovani fidanzatini, ma che colpì anche noi, divertiti ma anche provocati in positivo, dalla gentilezza e dallo spontaneo altruismo che lui stava condividendo con la giovane coppia. Chissà, forse un implicito bisogno di tenerezza, gentilezza ed amore anche per lui, da ricevere e da donare.
5 Calore.
"I cristiani riportino il calore di Dio nelle città anonime" Papa Francesco.
Nel 2050, secondo le Nazioni Unite, il 70% dei 10miliardi della popolazione terrestre vivrà in aree urbane.
Dunque saranno soprattutto le grandi aree urbane, i luoghi centrali e più bisognosi e significativi dell’evangelizzazione, luoghi in cui ci sarà necessità, come dell’acqua, di relazioni sane, di politiche sane, di ecologia integrale, di maggiori e migliori perequazioni economiche e sociali, di un vivere più sano, in cui tutti facciano la propria parte, perché nessuno si salva da solo.
Dove, sempre più, ci sarà bisogno di gesti concreti, anche nascosti, a cui i cristiani, come “apostoli di quartiere” all’interno dei tessuti urbani delle città, in cui spesso prevalgono indifferenza ed anonimato, sono chiamati a contribuire, da protagonisti.
E credo, dove ci sarà bisogno di un cristianesimo meno di strutture pesanti e simboli di potere, ma più di vicinanza e nascondimento, di un nascondimento di un fuoco che produce calore, trasformazioni, che attragga i tanti infreddoliti in cerca di tepore.
Il fuoco che scalda, quello di Cristo, ed il nostro, quello di chiamati ad adorarlo, e non ad adorare le ceneri: e' il tema, pre-politico, che più ci riguarda, come umanità, come cristiani, il fuoco da nutrire, di cui nutrirci, l'unico tanto dirompente da costruirci migliori per costruire relazioni, politiche, economie migliori, in strutture e società rinnovate, il vino nuovo in otri nuovi.
Dal cambiamento d'epoca che stiamo vivendo, dalla crisi globale, ecologica, sanitaria, sociale ed economica, ne uscirà un mondo cambiato, in meglio sicuramente, ed i segnali già si intravedono, ma dobbiamo, ognuno di noi, contribuire a realizzarlo, a tenere vivo quel fuoco, a contribuire a ravvivarlo, ognuno portando il proprio pezzettino di legna, anche di arbusto.
Un fuoco che provochi la riscossa della passione, per le sorti delle donne dei carcerati, per le sorti di uno stormo di gabbiani che all'imbrunire vola verso il largo, verso l'orizzonte del mare, per la musica, per la giustizia, per i poveri, la fratellanza, la politica, per la parola di Dio, per l'amore.
Per la sorte dell'umanità.
6 Conclusioni.
" Se Dio ci ha fatti liberi siamo responsabili di ciò che facciamo e di ciò che non facciamo" beato Franz Jägerstätte.
Provo nostalgia, mentre scrivo, di un tempo già passato, del calore provato, dell’amore che ho sperimentato, delle relazioni vissute, di un tempo di dono e di grazia, di alchimie che si sono create condividendo fatiche e consolazioni di cui siamo stati testimoni e di cui mi sono impregnato.
Una luce diversa, sottile ma intensa, forte, si riverbera su di noi, ci unisce e ci sostiene, ci ha scaldato, ed il suo ricordo continuerà a farlo.
Lascio Palermo con una forte tensione e nostalgia, che sento pungermi, ma che sento positive, come di attesa e di speranza, come di un vegliare con un cuore caldo, appassionato ed amorevole per la vita, un cuore in trepidazione, da amante.
Attrae ciò che e' autenticamente vissuto, ciò che genera fuoco e passione, la compromissione con i più deboli, il fare causa comune con gli oppressi di cui parlava San Daniele Comboni.
Attrae quel cristianesimo "nascosto" che cambia e trasforma la storia, le storie, come quelle narrate nel film del grande regista statunitense Terrence Malick sul beato Franz Jägerstätter https://www.youtube.com/watch?v=wzskayiyBl8 , contadino delle alpi austriache, che rifiutò di giurare fedeltà al Reich e di prendere parte alla guerra, e per questo fu giustiziato dai nazisti che gli ponevano questo interrogativo:" ma davvero credi che il tuo gesto sia in grado di cambiare le sorti del mondo e possa essere ricordato da qualcuno?"
Le immagini del film si concludono con una citazione della scrittrice George Eliot nel suo romanzo Middlemarch(1871): «Il bene crescente del mondo è parzialmente dipendente da atti ignorati dalla storia; e se le cose non vanno così male per te e per me come avrebbe potuto essere, lo si deve in parte al numero di persone che vissero fedelmente una vita nascosta, e riposano in tombe dimenticate».
E forse sta proprio qui il punto, in un mondo sempre meno “istituzionalizzato”, rimangono centrali le pratiche della vicinanza umana ed affettiva, e se le grandi strutture “decadono”, così non succede alle opere buone, ai sentimenti, ai gesti di misericordia e di tenerezza, alla testimonianza ed al racconto, perché concorrono all'amore, lo compongono, lo rappresentano e lo costruiscono concretamente.
Indispensabile mi pare sia, altresì, cercare e trovare percorsi unitari, "rinunciare" a qualcosa per un bene più grande, che ci fa e fa migliori, un qualcosa in più (l'insieme e' più della somma delle parti), a partire proprio dalla realtà, che è sempre superiore all'idea, eppoi, nello specifico Caritas, nei limiti delle possibilità, potenziare la presenza sulla strada, senza nulla togliere, ovviamente, all'altrettanto fondamentale lavoro degli sportelli, dei colloqui personali, della gestione delle economie e di tutte le pratiche burocratiche amministrative e gestionali, eppoi ancora, per chi sta sulla strada, allacciare le cinture, non parcheggiare sulle strisce, insomma, ovunque nelle piccole grandi cose la responsabilità e corresponsabilità, la maturità umana, fanno la differenza.
La testimonianza, l' interessarsi, l'appassionarsi, il coinvolgersi nelle storie e rischiare, sono parte fondante del cammino di sequela.
Ed allargare lo sguardo, globalizzarlo, in un mondo sempre più glocal e in cui siamo tutti sempre più on-life, tenendo come barra la pratica dell'umanità, che viene prima di qualsiasi idea, di qualsiasi ideologia, anche quelle che creano gli uomini su Dio quando vorrebbero possederlo.
Ma Dio e’ sempre più forte, più grande!
Accarezzare, sentire, dire una buona parola, gettare uno sguardo benevolo, di speranza, di amore, credo stia tutto lì, nell'umanità!
Giuseppe Luca Mantegazza, Palermo, 1 Dicembre 2020.
Vi prego di pregare per me, ne ho bisogno, ne avrò bisogno, faccio altrettanto per voi.
Allego sotto 2 poesie:
“Una cosa vorrei dirvi.
E’ una cosa speciale per coloro
che sono sensibili alle cose belle.
Abbiate un sogno.
Abbiate un bel sogno.
Seguite soltanto un sogno.
Il sogno di tutta la vita.
La vita che è un sogno è lieta.
Una vita che segue un sogno
si rinnova di giorno in giorno.
Sia il vostro un sogno che miri a rendere liete
non soltanto tutte le persone,
ma anche i loro discendenti.
E’ bello sognare di rendere felice tutta l’umanità. Non è impossibile”
Lele Ramin (missionario comboniano assassinato in Brasile)
A LUNGO DURERA’ IL MIO VIAGGIO di Rabindranath Tagore
A lungo durerà il mio viaggio e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo lasciai la mia traccia su molte stelle e pianeti.
Sono le vie più remote che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene la semplicità d’una melodia.
Il viandante deve bussare a molte porte straniere per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario più segreto all’interno del cuore.
I miei occhi vagarono lontano prima che li chiudessi dicendo:
“Eccoti!”. Il grido e la domanda: “Dove?”
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: “Io sono!
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