giovedì 30 dicembre 2021
Ritiro Pre-Consacrazione
Buon cammino! Buon volo!
martedì 14 dicembre 2021
Lettera salentina ( Ed Oltre ).
sabato 20 novembre 2021
Testimonianza a Lecce
lunedì 8 novembre 2021
"Non Siamo Soli" Testimonianza Del "Mio" Tempo In Comunità Di Recupero.
Quando scrivo di "miei" ragazzi non lo faccio in spirito e volontà di possesso, di narcisistica ricerca di visibilità personale, di strumentalizzazione ( che è sempre un rischio, anche sottilmente inconscio), piuttosto mi viene naturale chiamarli così, "miei ragazzi", perché tengo tanto a loro, e prego per loro, per il loro bene, perché possano sperimentare il sentirsi amati, per poter magari "guarire" ed amare a loro volta. Alcuni di loro non sono giovanissimi, qualcuno è anche più avanti di me nell'età, c'è però un ragazzo di 19 anni, che anagraficamente potrebbe essere mio figlio. Si chiama G., ed è stato affidato dal carcere un mese fa (quasi tutti i "miei" ragazzi sono in regime carcerario, affidati alla comunità perché seguano percorsi di disintossicazione e di affrancamento dalle dipendenze da droghe ed alcol- almeno questa è la speranza), e fin da subito, nelle mie domeniche pomeriggio di servizio, ho attratto la sua disponibilità a condividersi, a farsi ascoltare, ad interagire. Il suo dolore, enorme, tragico, con cui fa i conti da tempo, me lo ha spiattellato in faccia, fin da subito, con una lucidità " disarmante", ma non autentica: G. racconta del suo dolore "facilmente", troppo facilmente, come se non fosse il suo, come se non gli appartenesse, come se facesse riferimento ad una persona terza, estranea a quel dolore. Le droghe, tante e varie, e l'alcol, come abuso, non erano che analgesici per lui: stordirsi per non sentire il dolore, per non vedere il mondo fuori, cosi' infame, spietato ed indifferente, e non solo perché lo ha ignorato, ma peggio, perchè lo ha anche sfruttato, sin da giovanissimo, anche come forza lavoro in nero nei cantieri della ricchissima Svizzera. Provo amore per tutti i "miei" ragazzi della comunità, ma per G. ancor di più, perché è il più piccolo, e forse, il più "ultimo" tra gli ultimi, se non altro perché temporalmente è proprio l'ultimo arrivato in comunità. Lo ascolto, ci gioco a biliardino, non a ping pong perché è proprio una schiappa.Vorrei aiutarlo, vorrei portarlo, dargli una spinta in questa salita che è la vita. Vorrei aiutarlo ad imparare a volare, almeno un po'. Aiutarlo a sperare, a credere che forse, un giorno, potrà sognare, magari una fidanzata, una casa, un lavoro ed una vita dignitose. Prima di venir via dalla comunità ho salutato i "miei ragazzi", avrei voluto abbracciarli tutti, ma le restrizioni per l'epidemia di covid giustamente non lo permettono, e vanno seguite...andrebbero seguite, perchè con G. non ci sono riuscito, e l'ho abbracciato. L'ho salutato, ci rivedremo la prossima Domenica a Dio piacendo. Non posso fare altro, condividere un po' di tempo con lui, guardarlo in volto, nei suoi occhi, oltre il suo sguardo spento, di un sorriso superficiale che prova a nascondere tristezza, di uno sguardo indifferente e vuoto, da cui, sotto, traspare un grido, immagino di rabbia e di dolore. Condividerla quella sua rabbia e quel suo dolore.
Farli uscire, dargli spazio, in un abbraccio, sincero. Vorrei, più che raccontarglielo, testimoniare che il dolore va attraversato, dandogli un senso, sapendo che non siamo mai soli, che c'è una luce che ci muove, a cui non solo aneliamo, ma a cui siamo destinati. La risurrezione non è un concetto astratto, o solo teologico, ma un cammino da compiere, quello del Vangelo, verso la liberazione anche da tutte le sovrastrutture- persino
Testimoniargli che cio' che vive ed ascolta la Domenica nella Messa che celebriamo in comunità, la liturgia, i canti, la preghiera, il Vangelo e l'Eucarestia soprattutto, sono parte di un cammino, del cammino, che non può, ma soprattutto non vuole, evitare il dolore, ma che però può attraversarlo, dargli un senso, trasformarlo. E Liberarlo, liberandoci. A partire dalla piu' grande verità: e cioe' che non siamo soli. Che tu G. non sei solo.
Giuseppe L. Mantegazza
mercoledì 3 novembre 2021
"La Mia Opera Non Morirà"- A Padre João
giovedì 21 ottobre 2021
"Le Due Facce Della Luna", Il Suo Sorgere Sul Mare.
"Le due facce della luna, una chiara l'altra oscura".
Da un porticciolo nascosto sull'Adriatico osservo il sorgere della luna, verso est.venerdì 27 agosto 2021
4 Mesi D'Autunno (E Di Noviziato Ancora)
Ormai mancano esattamente 4 mesi alla fine di questo noviziato, poi i voti, poi l'Africa. Questo è il programma, che poi sarebbe il raggiungimento di un obbiettivo. Tornare in Africa, x di più dopo aver superato prove, "senza risparmio, con coraggio, e senza compromessi", proprio x citare le parole di una cara amica, ed anche senza sconti aggiungerei io. In questi anni sono diventato un po' più forte, consapevole, un po' più benevolo, soprattutto più capace di giocarmela nelle relazioni ( la cosa più importante) alla pari, nel possibile, in autenticità...
Ora ho davanti quest'ultimo periodo, autunnale, e qui in Salento dell'autunno inizio a sentirne le atmosfere: gli odori, le piante bagnate, l'umidità del bosco, il fresco che inizia ad avvolgermi durante la camminata alla luce di una torcia, al buio, dopocena nel parco qui dei comboniani di Cavallino ( con gatta, ormai amica, che mi accompagna, ed altri gatti che curiosando osservano, riconoscendomi come gattaro affidabile e gentile) .
Dopo 2 mesi e mezzo di caldo accelerato, da 2 giorni piove ad intermittenza, con forti temporali che hanno abbassato di molto le temperature.
L'autunno l'ho sempre amato: l' inizio della stagione per l'energia che si accumulava in estate, pronta a spalancare sogni e progetti, pronta a rinnovare propositi, speranze, impegni...poi verso la fine, pian piano andando verso l'inverno, i colori brulli ed allo stesso tempo luminosi dei paesaggi, le foglie dorate, le piante impazzite per la straordinaria bellezza dell'ultimo sussulto di vita, prima della fine. Così come i tramonti, la meraviglia finale, la traccia più bella, il ricordo più indelebile.
L'autunno delle valli incastonate tra i laghi e le montagne ( dove sono le mie radici affettive con la terra, pur essendo io nato a Milano), ma anche l'autunno del celebre ed unico foliage del nord America, ma anche la solitudine tempestosa dell'Atlantico in Portogallo.
E poi ancora la lucidezza del mare di Sicilia l'anno scorso, le sue spiagge vuote, ed io unico, a fare il bagno ( fin quasi alla fine di Novembre, ma nulla di così temerario, visto che le acque erano ancora tiepide, non certo fredde x uno abituato a nuotare, già dall' inizio delle estati, da piccolo, nei laghi di Lugano e Como)...
L'autunno, confido in lui, lo vivrò nell'apice del discernimento...ammirando il bosco, le piante, i fiori del parco, ed il mare, che mi è ancora più lieve d'autunno...
Vorrei arrivare all'Africa, di nuovo, forse proprio per confrontarmi con un me "rinnovato", forse cambiato, forse in grado anche di stare in piedi senza l'Africa stessa, forse in grado di decidere, ma lì ed allora, e di ammettere che gli obbiettivi cambiano, che noi cambiamo. E che non siamo in funzione di essi, ma in funzione del cammino. Il cammino si apre camminando...
"Un tempo veloce, un attimo fuggevole,
strade percorse, sentieri di vita, memorie d’uomini,
passi che si fanno affannosi, l’orizzonte vicino ci attende.
E’ l’autunno, che di colori e’ tripudio, il piu’ caparbio,
il piu' strabiliante inno alla vita,
tenacia di speranza".
" Autunno caparbio,
proteso all'estate trascorsa,
il tuo sole ricorda un illusorio Agosto,
il tuo calore ci
illude d'immortalita'.
Autunno,
che di colori sei tripudio,
fai affievolire il verde
rigoglioso,
e divampare, su monti imbruniti,
Il rosso vermiglio di foglie tremolanti.
Autunno,
preannuncio di
un bianco candor,
di un brivido freddo che smorzera' quest'illusorio calor.
Autunno,
palco ed attore dell'ultimo e piu' strabiliante spettacolo della madre della vita,
colmi noi spettatori, della
speranza di un lieto fine"
GLM
mercoledì 28 luglio 2021
Lasciarsi Amare: Testimonianza Di Un Cammino Di Vita. Etiopia 10 Anni Dopo.
È più facile amare, oppure lasciarsi amare? Ma e' possibile amare realmente se non siamo disponibili a farci amare?
Il lasciarsi amare, al contrario, richiede apertura, umiltà e docilità, ed obbliga a scoprirsi, a denudarsi, ad abbandonarsi fiduciosi a qualcun'altra/altro, a qualcos'altro che è simile ad un abbraccio liberante, di redenzione, di conversione alla vita. È in quell'abbandono, quando è lucido e consenziente, che è possibile sperimentare l'amore su noi stessi, quello libero e disinteressato, capace, come conseguenza, di renderci capaci di amare autenticamente. E' l'abbraccio d' amore che dona e fa sperimentare su sé stessi, se accolto, misericordia e compassione.
Un simil abbraccio l'ho sperimentato in Etiopia, di un'intensità tanto forte da avermi fatto "virare": ben inteso, non credo che esperienze "estemporanee" seppur "forti", possano far cambiare la vita, semmai credo ai processi, alle direzioni verso cui tendere, direzioni che, se perseguite con costanza, giorno dopo giorno ci trasformano. E credo altresì che nella vita, alcuni episodi, alcune esperienze, particolarmente capaci di "toccarci" in profondità - di aprirci ad una luce (esterna?), di toccarci ed accarezzarci le ferite, e magari anche in parte di alleviarle, se non di risanarle- possano essere l'inizio, come una spinta improvvisa, leggera ma potente, di un processo di trasformazione. Credo sia la virata che parte dallo spirito.
Esattamente 10 anni fa arrivai per la prima volta ad Addis Abeba, come volontario in un orfanotrofio per bambini sieropositivi, fu la mia prima esperienza africana: molto dura all'inizio - nonostante avessi già alle spalle numerosi viaggi ed esperienze di volontariato in Italia (tra tutte quelle in una comunita' di recupero ed in carcere minorile) e di volontariato missionario all'estero (America Latina, Medio Oriente, Balcani) - quella mia prima africana, fu certamente una delle esperienze più "impattanti" nella mia vita, ma ci vollero altre esperienze di quel tenore umano e spirituale, altri incontri provvidenziali ed importanti (siamo anche gli incontri che abbiamo avuto), insieme ad una buona dose di perseveranza, di costanza ed impegno, a consentirmi di proseguire nel cammino, nel processo che sto vivendo. Un processo di conversione. In ogni caso, fu anche a partire da quella prima esperienza africana che iniziai a decidere di decidere, cioè a decidere di giocarmi la vita, e non più di giocare con la vita, e, pochi anni dopo quella prima esperienza, che replicai costantemente negli anni successivi, decisi di lasciare un lavoro sicuro e tutto sommato "privilegiato" in una grande azienda di comunicazioni a Milano, e di rompere così apparenti monolitiche piccole certezze "borghesi" (lungi dall'essere il mio un giudizio sul "casa, lavoro, famiglia", come istanze di vita, perché, se vissute come "valori" in autenticità e consapevolezza, e con una discreta coerenza e testimonianza, credo siano nobilissime).
Ad Asco- periferia estrema di Addis Abeba, e forse anche del mondo- in un orfanotrofio per bambini malati di Aids, in cui stetti per un mese, mi imbattei nella morte (nel senso che vidi bambini denutriti e sieropositivi morire): la morte- tanto nascosta dalla narrazione imperante in occidente, relegata a soli piccoli perimetri "lontani" e "nascosti"( almeno nel mondo pre- covid) come quelli di alcuni reparti ospedalieri o di case di cura - in Etiopia mi si spiattello' addosso, come uno schiaffo improvviso, che prima mi tramorti', poi mi mise al muro. Ma, in effetti, quasi sempre va così, perche' caparbi ed ottusi come siamo (perdonatemi l'imprudente generalizzazione), il più delle volte è solo quando ci troviamo con le spalle al muro - magari per un lutto inaspettato o no, oppure per una malattia, od un inconveniente doloroso - che allora ci "arrendiamo", "ci abbandoniamo".
Lì, ad Asco, non avevo scampo, non potevo scappare, non potevo modificare in nessun modo una realtà così dura, non potevo modificarla nemmeno nel mio pensiero, aggrappandomi, come credo di aver fatto in precedenza in America Latina od in medioriente a sovrastrutture esterne, anche di ideali od ideologie politiche. Ero nudo: l'Africa, nella sua realtà "spietata" ma armonica e "vitale", mi aveva spogliato completamente. E, proprio allora, quando mi trovavo nel mio "punto" piu' fragile, nudo davanti ad una realtà così dura ma piena, così provocante ma concreta, cosi' reale e totalizzante nei sensi, nell'olfatto soprattutto ( sollecitato com'ero, incessantemente - contemporaneamente - da profumi inebrianti e da odori stomachevoli), mi sentii amato, sperimentando compassione su di me. Fu un'esperienza affettiva, di puro amore.
Mi pare occorra passare per la morte per risorgere a vita nuova, morire a se stessi per farsi raggiungere dall'amore. La fede cristiana è fondata su questo paradosso, a partire dalla passione. In Etiopia quel paradosso lo sperimentai. E fui testimone di una gioia per la vita che mai, prima di allora, avevo visto cosi' intensa, e mai, la vita, la vidi celebrare così gioiosamente, e proprio accanto alla morte. Di nuovo quel paradosso! Fu un ricominciare per giocarmi la vita, e non più per giocare con la vita, a partire dall'amore che sperimentai su di me. Mi sentii amato intimamente; piansi molto, gioii ancor di più in quel mese. Le mie inquietudini, fonti straordinarie di energie che non fanno accomodare, non si placarono, ma si addentrarono in cammini di fioritura.
Non vorrei andare oltre, senza alcuna pretesa, credo sia tempo di riassuntive risonanze, da condividere: l' amore è cammino che richiede una buona dose di pazienza, coraggio, apertura, voglia di mettersi in gioco e di buttarsi, dove contano le domande, non le risposte. Mi pare ne valga la pena, perché Il senso sta lì, nel rendersi disponibili all'amore, nel lasciarsi amare. E, proprio a partire da questa esperienza e disponibilità, cominciare a costruire, a spendere la vita insomma, su quella che è la cosa più grande: l'amore che sperimentiamo su di noi, per amare. Così che il nostro agire sia mosso da compassione. E' l’amore evangelico, quello che può nascere solo dalla compassione tra noi, e' la buona notizia, la speranza della fioritura del nostro essere per la definitiva consegna all’eternità. Con la speranza di entrare nel cuore della morte e scoprire che è un varco di Resurrezione.
Segnare un cammino, non un orizzonte, perché è lo stesso camminare che ci fa scorgere nuovi orizzonti. Sara' cammino esigente ma fecondo e rigenerante. C'è da crederci.
"In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati"(1Gv 4,10)
23/07/21 Comunità Monastica di Bose ad Ostuni
Giuseppe L. Mantegazza
venerdì 9 luglio 2021
La Solita violenza, S.Maria Capua a Vetere, E la Solita Chiesa
Celebrazioni continue ( il più delle volte autoreferenziali), rigidità e "spauracchi" su tanti temi, in primis quello sulla sessualità.
Ma poi?
Il Papa Gesuita Ed Il "Gattopardismo"
L'Italia? Un paese unico, meraviglioso, di una varietà straordinaria, specie nei suoi paesaggi, nella sua arte e creatività; nella sua umanità e solidarietà, a sud come a nord, ma anche, purtroppo, paese "arretrato", pieno di balzelli, chiusure, ipocrisie, corruzioni, bigottismi vari. Chissa', forse si puo' tentare di comprendere, almeno in parte, questo paese provando a comprenderne la sua storia, e quella della sua istituzione appunto più "storica", più rappresentativa e radicata, piu' potente (ora sempre meno), che ha il suo centro proprio nel cuore dell'Italia, su cui ancora esercita una spinta e risonanza che non hanno eguali in nessun'altra parte del mondo, non più ormai nell'America Latina, e nemmeno più nella Croazia ormai sempre più post- ustascia, o nel Portogallo sempre più post-salazarista, o nell'Irlanda secolarizzata.
martedì 25 maggio 2021
Otranto Ed Il Punto più Orientale D'Italia
Oggi "gita" ad Otranto, una vera perla, ricca di bellezze naturali, storico-artistiche e culturali: visita alla cattedrale (mix di stili bizantino-romanico-normanno), con la cripta (in stile bizantino-ortodosso), con le reliquie degli 813 Martiri di Otranto (uccisi nel 1480 dai Turchi guidati da Gedik Ahmet Pascià, per aver rifiutato la conversione all'Islam dopo la caduta della città. Sono stati canonizzati il 12 maggio 2013 da papa Francesco), con il meraviglioso "albero della vita", Il mosaico che ricopre il pavimento delle tre navate ed è opera del monaco Pantaleone, eseguito su commissione del Vescovo di Otranto, tra il 1163 e il 1165, che rappresenta uno dei più importanti cicli musivi del medioevo italiano.
Infine visita al lago di Bauxite ed al faro di punta palascia, il punto più a est d'Italia.