domenica 10 agosto 2025
I Primi Ministri E Gli "Ultimi", I Bambini Di Un Orfanotrofio Di Addis Abeba.
Dalla finestra di un orfanotrofio, dei bambini guardano verso un incrocio stradale, seguendo incuriositi il passare un corteo di macchine blu che attraversa prima il round about e poi il ponte stradale di Kebenna, a nord est di Addis Abeba, a poche centinaia di metri in linea d'aria dalla montagna di Yeka, sulla quale il primo ministro etiope sta facendo costruire il nuovo "Palace", la sua residenza.
Abiy Ahmed e' il premier etiope, insignito del Nobel per la Pace 2019 grazie al congelamento delle tensioni ed al riavvicinamento con l'Eritrea, storico nemico dell'Etiopia. Ma tanto è cambiato da quell'anno ad oggi, ed il nobel per la pace e' diventato un signore della guerra: nel Novembre del 2020 scoppiò il conflitto in Tigray, regione nord del paese, in cui si contarono, nei due anni successivi, secondo diverse organizzazioni internazionali, almeno 600mila morti, un conflitto che toccò punte inaudite di violenze, atrocità, crimini di guerra compiuti dall'esercito federale etiope guidato dal Premier Abiy, stupri ed uso della fame verso i civili come armi e strategie di guerra, una guerra che si concluse ufficialmente con gli accordi di Pretoria nel Novembre 2022. Un conflitto che in realtà, a bassa intensità, non è mai cessato, a cui negli ultimi anni se ne sono affiancati altri, in altre regioni del paese più grande del Corno D'Africa, oltre a quello solito, di fronte riaperto, con l' Eritrea.
I warning e gli alert su un possibile scoppio di una nuova guerra con gli eritrei sono continui qui in Etiopia, che del resto non nasconde le sue mire di ottenere un accesso al mare (Rosso), visto anche che è l'unico paese al mondo così popoloso (140 milioni, il secondo d'Africa), a non avercelo.
Le alleanze nel Corno d'Africa cambiano rapidamente, gli attori interni ed esterni si muovono fluidamente, cercando alleanze, partners, sponsor internazionali.
Quest'area del mondo d'altronde è strategica: risorse naturali, accesso all'acqua (a Settembre in Etiopia la Diga della Rinascita sul Nilo Azzurro verrà finalmente inaugurata e sarà la più grande d'Africa), accesso al Mar Rosso, un imbuto attraverso cui passano circa il 12% delle merci scambiate a livello mondiale.
Ritorno all'incrocio di "Kebenna", che sta ad un centinaio di metri dall'orfanotrofio e lontano anni luce da interessi strategici, di accesso alle risorse, di alleanze e complessita' geopolitiche,
o forse non proprio così lontano, almeno geograficamente, visto che appena li' sopra, a qualche centinaio di metri in linea d'aria, sul Monte Yeka, come scrivo sopra, sorgera' la nuova "casa" del Premier etiope, in un'area di un' intera montagna, un'enorme residenza con numerose dependance per ospiti e capi di stato (d'altronde Addis Abeba è un centro- capitale dell'Africa, così com'è sede di numerose agenzie Onu e dell'Unione Africana), un "palace" per cui pare si stiano spendendo diversi bilioni di dollari (https://www.africa-confidential.com/article-preview/id/14505/an-imperial-palace-in-the-yeka-hills).
Poco lontano da lì, dall'incrocio di Kebenna e da quella montagna di Yeka diventata ormai "privata", sorge "Casa Italia", sede dell'Ambasciata italiana: è da lì che arriva quel lungo e rumoroso corteo di macchine che attira l'attenzione di alcuni bambini dell'orfanotrofio in cui mi trovo.
Una scorta di grandi suv blu con i diplomat flag tricolori (le bandierine distintive per segnalare la presenza nella macchina di autorità di un paese), lampeggianti e sirene accese, proprio come quelle che si sentono nelle città italiane. Un gran fracasso.
La premier Italiana, partner geopolitica e di affari economici del premier etiope, è su una di quelle macchine, e' in Etiopia per un summit Onu e per visite ed affari di "stato", intendendo "stato" come rappresentanza di business e di aziende, piu' che di popoli, almeno questo è ciò che penso.
A Kebenna, mentre a sirene (italiane) spiegate il convoglio di macchine di rappresentanza e di scorta della premier italiana sfreccia, credo verso l'aeroporto, mi domando- guardando alle scarpe rotte di questi bambini di un orfanotrofio etiope -della distanza tra ciò che viene detto e che si vuol far apparire, anche attraverso narrazioni benevole e buoniste (l'incontro con alcuni missionari italiani per esempio) e la realtà prevalente dei fatti, che forse non si possono propagandare perche' sono efferati, rapaci, cinici, affaristici soprattutto.
Affari, anche di armi (il nuovo ambasciatore italiano in Etiopia pare sara' un gia' consigliere diplomatico della fondazione med- Or di Leonardo, la più grande azienda tecnologico-militare italiana), in un paese dove una buona percentuale di persone vive con meno di 2 dollari al giorno, in cui persino i medici non arrivano a guadagnare l'equivalente di 200 euro mensili.
Dove i miei "vicini di casa" - qui a 2 km dall'ambasciata Italiana ed a 4 da dove sorgera' il palace extralusso del presidente etiope e dei suoi ospiti - sono bambini orfani che giocano calciando brandelli di palloni con scarpe bucate, in un paese povero ed impoverito anche per i continui conflitti che lo frammentano.
La realta' e' che l'Etiopia e' un paese povero, davvero povero, terzo al mondo, dopo l'India ed il Pakistan, per numero assoluto di poveri (circa 90 milioni...https://www.france24.com/en/live-news/20241017-un-report-says-1-1-billion-people-in-acute-poverty), ma di povertà e di poveri non se ne parla, non ne parlano i potenti che comandano qui in Etiopia, non ne parlano i potenti che qui arrivano in visita per affari, entrambi accomunati dalla narrazione della prosperita', che in effetti di questi tempi pare vincente piu' che mai, nel mondo, qui in Etiopia - il cui partito politico del premier Abiy Ahmed si chiama guarda caso "Prosperity Party" - come negli Stati Uniti di Trump, un presidente che e' espressione persino di una teologia della prosperità, che dimentica i poveri, ossia gran parte della realta'.
Eppure, mi viene da dire, "basterebbe" camminare per queste "strade senza nome" di Addis Abeba, come cantavano gli U2 dopo una visita del loro cantante in Etiopia, per vederli, e tanti, i poveri.
Ma gli influencer la "realta'" la ricreano a modo loro, sono li' apposta a fare quello, non ad influenzare la realta', ma a distorcerla, a capovolgerla, persino ad annullarla, la realta', influenzandone pero' la percezione, quello si, che le masse ne possano avere, manipolando, per interesse di consenso, per avere la strada libera verso il business, l'arricchimento di pochi, lo sfruttamento anche, le disuguaglianze.
Qualche mese fa qui in Etiopia è arrivato un noto influencer di viaggi, uno youtuber pare molto seguito in Italia (https://www.youtube.com/watch?v=E5vN3yFmNVU&t=1406s), che percorrendo in fuoristrada, con alcuni suoi compagni ed una guida etiope, alcune località a sud, oltre alla capitale Addis Abeba, del paese ne tratteggiava e ne filmava solo alcuni aspetti esotici, folkloristici, come se si trovasse a fare turismo in un qualsiasi paese sufficientemente ricco e sviluppato, lamentandosi anche dei disagi avuti nel viaggio, o meglio sarebbe dire nel suo "giro turistico" e voyeuristico. Anche in questo caso nessuna citazione alle condizioni del paese, alla grande e diffusa povertà che lo affligge.
La prima ministra italiana, nella sua recente visita in Etiopia, è stata anche a Jimma, città a 400 km sud ovest di Addis Abeba, fondata dagli italiani durante l'occupazione coloniale: l'Italia, attraverso il piano Mattei, sta finanziando un recupero turistico della zona, in particolare di un lago(https://www.agenzianova.com/a/6887bbf9162f07.46196837/6403082/2025-07-28/etiopia-italia-meloni-e-primo-ministro-ahmed-visitano-lago-boye-a-jimma).
Il primo ministro etiope è di quella regione dell'Etiopia, l'Oromia, ed ha tutto l'interesse a che si finanzino progetti in quella zona, mentre, penso, la premier italiana è lì anche per "stuzzicare" le fantasie e gli ideali di revanscismo, come parte dell'eredita' storica della componente politica maggioritaria dell'attuale Governo italiano, di cui ne è leader.
In passato sono stato diverse volte a Jimma, da Addis Abeba: la strada, con diversi ponti (su almeno uno di questi è ancora possibile riconoscere un fascio littorio), è quella che costruirono gli italiani, che di Jimma fecero il secondo centro più importante, dopo la capitale Addis Abeba, in termini di numeri di residenti (oggi d'italiani non ne è rimasto uno), e d'importanza economica (era un centro di produzione e commercio di legna, caffè, agricoltura). Una cittadina fondata dagli italiani, che vi costruirono edifici, la casa del Fascio, due cinema. Edifici ancora oggi esistenti, a testimonianza dell'architettura fascista italiana, in terra straniera.
A proposito di piano Mattei per l'Africa: è certo che l'Italia da sola, senza una visione ed azione comune con l'UE, non può che rimanere un "nano" rispetto alla presenza nel continente africano della Cina, ma anche rispetto a quelle dei paesi del Golfo, dell'India, della Russia, della Turchia.
Ricordo la mia prima esperienza in Etiopia, quasi vent'anni fa: allora ad Addis Abeba frequenti erano i black out elettrici e la mancanza di acqua corrente nelle case. Ancora oggi, in molte zone della capitale Addis Abeba, quelle periferiche soprattutto, le interruzioni di acqua corrente e di energia elettrica continuano a rimanere frequenti.
L'altro giorno, camminando per le strade fangose di Addisaba, come la chiamano gli etiopi, osservavo una colombina beccare una briciola d'injera, una specie di piadina spugnosa prodotta da un antico cereale, il teff, che qui in Etiopia è la base dell'alimentazione. La stessa preghiera cristiana del "Padre Nostro" qui si recita, in amarico, con il "dacci oggi la nostra injera quotidiana".
Un piccolo benessere per tutti credo sarebbe possibile, chissà, forse, in un futuro, anche in questo luogo ancestrale, biblico, che è l'Etiopia, un paese che ha sofferto e che soffre molto, le dittature, le guerre, la fame (ancora oggi in alcune zone), ma che ha una profonda sapienza -frutto di un lungo ed antico cammino nella realta', nel contatto e nell'odore della vita e della terra - humus, nell'umiltà' - una sapienza che sa che, se da queste ci allontaniamo, come umani facciamo danni, a noi stessi, agli altri.
"Beati gli umili", perché sono vicini alla terra, e perche' hanno un linguaggio che non potro' mai del tutto capire, anche se sto loro vicino.
Beati gli umili, anche perche' il revanscismo (x esempio quello meloniano con le sue visite di cortesia a dittatori, tra affari ed ideali di nostalgica Abissinia) non e' altro che un motorcade (di scorta italiana in terra straniera) di grosse macchine che attraversano una citta' di umili, di poveri, di derelitti...che pero' rimangono a terra, nella terra. Mentre le file di macchine dei potenti di turno scompaiono... senza lasciare traccia...
I poveri continueranno ad essere poveri...umili.
Beati gli umili, perche' capiscono ma non tramano, perche' semplici, non ingenui.
Perche' sanno di essere terra...chissa'..amata da Dio
L'orfanotrofio è quello di Kidane Meheret, e la finestra da cui vedevamo il corteo di macchine passare, è rotta, è non è l'unica ad esserlo qui.
Se voleste contribuire con una piccola offerta, fatemi sapere.
Ogni bene, di vita ( e qui, nonostante le difficoltà e la povertà, di vita ce n'è' in abbondanza).
Giuseppe
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