All'imbrunire,
seguendo a vista il volo di un gabbiano, quando il cielo si colorava di amaranto, da un balcone palermitano incrociavo la sagoma di un detenuto dietro le sbarre dell'Ucciardone,
anch'egli, chissà, forse intento a contemplare il tramonto,
forse invidioso del gabbiano che volava li sopra.
Cos'e' la libertà per lui? Cosa è per me?
Forse la possibilità di fuggire, di arrivare, di nuotare in un mare cristallino, di correre a perdifiato?
Di poter raggiungere un crinale di un monte? Toccarne la neve?
Di poter toccare il miei affetti?
Oppure, è libertà, poter sentire i propri battiti con benevolenza,
apprezzare ogni respiro,
sentire lo sbattere di ali, il rumore del vento,
sentire dove eravamo, dove siamo stati, la terra che abbiamo calpestato,
sentire dove vorremmo essere?
Sentire l'amore delle nostre madri?
Il nostro desiderio di giustizia e redenzione?
Sentire gli affetti che non possiamo toccare?
Sentire in noi la tenerezza della misericordia?
Dio è lì, in quel tramonto che sa di fine e di preludio,
in quella danza libera di gabbiano,
nelle nostre lacrime.
GLM
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