sabato 28 marzo 2020

"Nessuno Si Salva Da Solo"



Un cielo plumbeo, una pioggia incessante, un silenzio irreale interrotto solo verso la fine dai rintocchi di campane e dalla sirena di un’ambulanza, un uomo vestito di bianco, affaticato, solo davanti ad una piazza – di tutta la civiltà cristiana la più importante al mondo - rimasta vuota e silenziosa, esattamente come vuote e silenziose lo sono diventate quelle di tutto il mondo.
Lì, precario a pregare ( le due parole hanno la stessa etimologia, dal latino prex) ad invocare Dio, l’unico leader mondiale capace di interpretare i segni dei tempi, da profeta, quando parlava, sin dall’inizio del suo pontificato, di globalizzazione dell'indifferenza, di guerra mondiale combattuta a pezzi, di cultura dello scarto, di Chiesa come ospedale da campo, di crisi ambientale e cura della casa comune (in particolare attraverso l’enciclica “Laudato Si”, così tanto potente e scomoda, perchè radicalmente evangelica, da sollevare un vortice continuo e concentrico di attacchi contro il suo pontificato, per opera di potentissime strutture di potere che si sono sentite minacciate), o quando parlava degli incalcolabili lutti e dell’indicibile dolore causati direttamente od indirettamente dalle guerre, come quelle ormai decennali in Siria, in Iraq ed Afghanistan, in Africa ed in Medio-Oriente, ma anche quelle dell’America Latina infestata dalla
violenza e dal narcotraffico, o causati dalle ingiustizie e dalle sperequazioni sempre più acute, tra stati ed all’interno di essi.
Ma non vedevamo, facevamo finta di non vedere, di non sentire quel dolore, relegandolo ad altri mondi distanti, costruendogli attorno muri impregnati di ideologia securitaria e della paura,  di religiosità pagana ed identitaria, ingannandoci nel non voler sentire, ed ammettere, che non solo in quel dolore siamo, inevitabilmente, sempre stati immischiati,  ma che, di quello, ne siamo anche corresponsabili, perchè le migrazioni causate da guerre e povertà partono da là ed arrivano qua, perchè le armi ed i sistemi avanzatissimi di “difesa” partono da qua ed arrivano là, finendo
spesso, come ordigni distruttivi,  sopra i tetti di scuole ed ospedali; eppoì perché “abbiamo” eletto improbabili capi arruffapopoli, assecondando le loro, e le nostre, narrazioni ideologiche, false, mistificatorie ed elusive, puntando il dito sugli altri, facendo i forti coi deboli, i capri espiatori, i più fragili, i più poveri, i migranti, e tutto ciò per scamparla dal guardarci dentro, facendoci deboli coi forti, fuggendo dalle responsabilità, evitando di comprometterci, per non rischiare di mettere in discussione le contraddizioni, le ipocrisie e le deformazioni, ormai insostenibili, in noi e nelle nostre opulente ed egoiste società.
Non stiamo combattendo una guerra, la guerra è altra cosa, ancora più orribile (e’ la cosa più orribile e più contraria al sogno di Dio, che e' la pace), siamo in emergenza sanitaria, come lo sono da sempre i paesi africani in cui muoiono a causa della malaria, secondo l’OMS, oltre 400mila persone l'anno, specie bambini; non siamo in guerra, anche se gli incalcolabili lutti ora ce li abbiamo qui, ed allora forse sarebbe più facile “sentire” per comprendere, ciò che da anni prova a dirci Papa Francesco: quindi di riconoscere la cultura dello scarto quando qualcuno parla di immunità di gregge e di decidere chi può essere salvato e chi invece no, e cioe’ di praticare non solo l’eutanasia ma anche l’ eugenetica,
di riconoscere la necessità per l’umanità di ospedali da campo(proprio come quelli che si stanno montando a decine in tutto il mondo per fronteggiare il corona-virus),come metafora di una Chiesa in uscita e guaritrice di anime sempre più chiuse e sfiduciate,
di riconoscere, anche attraverso la comparsa di questo virus, la  profonda crisi ambientale che vive il nostro pianeta e che quindi stiamo vivendo noi (molti studi mettono in correlazione l’inquinamento atmosferico e la diffusione del virus).
E di riconoscere una economia che uccide: come quando, ad emergenza già in corso, si e’ preferito non fermare le attività produttive nel bergamasco, consentendo al virus di propagarsi così impetuosamente e capillarmente su quel territorio, ormai martoriato, o quando il presidente Trump insiste nel voler “ripartire” con la ”normalità” produttiva entro Pasqua, od ancora quando, sempre negli Usa, un giovane diciassettenne affetto da covid-19 viene lasciato morire  perché in un ospedale gli negano le cure perché privo di assicurazione sanitaria.
Come non ricordare le parole di Bergoglio che continuamente ci ha parlato di sistemi e di strutture di male, di intrecci perversi di sistemi che uccidono (Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica" -Enciclica LaudatoSì 109), come non ricordare queste sue parole, proprio oggi, mentre in Italia muoiono soffocate migliaia di persone, sia perché scarseggiano i posti letto nelle terapie intensive, e questo perché si sono favoriti gli interessi, anche nella sanità, di pochi e potenti gruppi privati, a scapito di quelli pubblici e collettivi,
sia perché mancano respiratori polmonari, mentre le linee di produzione degli F35 (Lockheed And Martin/Leonardo-Finmeccanica) proseguono a ciclo continuo, così come proseguono a correre le linee di produzione dello strategico(considerato tale dal Governo italiano) comparto industrial-militare, a produrre e fatturare, in un rituale che sa di  macabro, consapevoli che quegli aerei, le bombe, le tecnologie più sofisticate, oltre che ad arricchire economie e PIL dei paesi produttori ed i conti bancari dei signori e strateghi delle guerre, compresi alcuni politici nostrani sovranisti e securitaristi, servono ad ammazzare tante vite innocenti.
In un mondo orfano di leaders, rimane lui il leader più autorevole ed autentico, prendendo
sulle proprie spalle il dolore e la solitudine del mondo, sapendo, e questo ce lo ha detto fin da subito, che non possiamo fregarcene di quello che accade lontano, perché il lontano è diventato, oggi più che mai, meno lontano, perché quello che succede in Africa od in Asia ci riguarda da vicino,
perché pensare di rimanere sempre sani in un mondo malato, è pericoloso, oltre che fuori dalla storia,
perchè tutto e' intimamente connesso, e nessuno si salva da solo.

GLM

"La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte
quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre
agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità.

Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che
alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità.

La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e
dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei
tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”,
incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria
dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far
fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui
mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine;
ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta)
appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza
come fratelli".

Papa Francesco

Qui il testo completo
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-03/papa-francesco-omelia-testo-integrale-preghiera-pandemia.html

sabato 21 marzo 2020

Cenere Amata Da Dio: Così Minimi Ma Così Capaci Di Immortalità


Arrivasse l’oceano, d'acqua salata e tempestosa, di potenza ad inondare e purificare la terra,
arrivassero i “buoni” a sconfiggere i cattivi ed il male, come
invocherebbero i tanti bambini ancora sedotti dai supereroi,
arrivassero gli “uomini forti” a toglierci i pesi e le responsabilità che ci competono, come invocano, ancora, i troppi adulti poco cresciuti,
arrivassero più armi per “difendersi”, come se si potesse sparare ad un “nemico” invisibile (negli Stati Uniti, per alcuni, e’ corsa ad accaparrarsi armi da fuoco),
arrivasse quel dio (pre)potente e vendicativo, disincarnato e che non chiede corresponsabilità agli umani, a punire od a salvare, a seconda delle idee, speculari e bipolari, di apocalisse (che e' il peggiore dei mali e tra i disastri quello più violento) o di (vana ed infantile) attesa miracolistica.

Ma cosa si invoca?

Chissà, se e’ vero che la realtà e’ piena di bene e di speranza, soprattutto nelle piccole cose, di cura voluta e cercata, di gesti di spontanea solidarietà, e’ altrettanto vero che nessuno arriverà a salvarci, prima di tutto perchè i nemici non esistono, tantomeno quelli invisibili, così come non esistono gli uomini forti ed i supereroi, e non arriverà nemmeno quel dio, o meglio quell’ideologia di Dio, che quei tanti atei-devoti invocano: non arriverà perchè Dio ci ha già salvati, e continuamente lo fa’, rispettando la nostra libertà, attraverso la nostra umanità e responsabilità umana, attraverso le nostre capacità ed i nostri talenti, attraverso le cose buone, giuste e belle che produciamo, attraverso i nostri gesti di apertura, comprensione, fraternità e misericordia , e soprattutto attraverso le nostre fragilità, perchè tutte le nostre storie sono fragili, tutti noi lo siamo, perché umani, perché e’ la realtà, quella si, il terreno in cui Dio opera.
Perchè la realtà, ogni realtà, e’ sempre superiore a qualsiasi idea, che invece e’ sempre un castello di sabbia.
Ed eccola la realtà più autentica e più imprescindibile: siamo naturalmente fragili, siamo minimi, temporalmente e fisicamente, precari come foglie al vento, quello d’autunno, che basta un refolo un po’ più forte a farci cadere.
E quel refolo di vento oggi sta’ soffiando forte, prepotente, a mettere indiscussione l’idea più malsana che da sempre inganna l’uomo, e che oggi, per il suo essere iper-modernista ed iper-tecnologizzato, e' quella che lo intrappola ancor di più: l’idea di essere invincibile. Eccola l’idea più pericolosa, che a sua volta e’ madre di tante idee malsane che ingabbiano l’uomo, e che trasformano molte delle sue azioni: l’idea che il potere ci risparmi dalla sofferenza, che possedere ed accumulare sempre più ci preservi dal dolore, l’idea che un edonismo compulsivo - di relazioni utilitaristiche basate sullo sfruttamento ed il dominio sugli altri e sulla madre terra, che sacrifica relazioni autentiche di cura e custodia, di mutuo soccorso, di servizio e di amore fraterno e disinteressato – ci risparmi dal male e dalla sofferenza, l’idea (la pratica) mai morta dell’homo-homini- lupus, e cioè che possiamo salvarci da soli, che possiamo farlo gli uni contro gli altri.
Ed ecco le azioni dannose che ne conseguono: carrierismi, egoismi, individualismo sfrenato, ingiustizie, sfruttamento, cultura dello scarto e dell’indifferenza.
Ed ecco le caratteristiche dei sistemi che si generano: oppressivi, che fomentano le divisioni, anche attraverso estremismi ed ideologie religiosi (eccola di nuovo in azione l’ideologia di Dio, ad uso e consumo degli interessi e dei profitti di guerra, dei sistemi e delle strutture di morte), che polarizzano le posizioni, che aumentano le ingiustizie e le sperequazioni economiche e sociali (“Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica" -Enciclica LaudatoSì 109)
Non si tratta di essere contro progetti positivi ed inclusivi e di
modernizzazione dell’umanità, ma l’essere consci che così non va, che così non può più andare, che il male che ci si continua a fare sta diventando sempre più irreversibile ed insostenibile, per noi e per la nostra casa comune.
Tutto e' intimamente connesso, e prima di tutto siamo connessi da un' origine comune e da un futuro condiviso, e siamo l'ambiente che respiriamo: se l'ambiente e’ ammalato, ci ammaliamo anche noi, proprio perche' siamo insieme e relazione. Anche se, oggi più che mai, la frammentazione del sapere e della vita dell’uomo tentano di disintegrare questa visione olistica, integrale ed integratrice della realtà - se non siamo capaci di fare relazioni e di integrare, come possiamo comprendere - per migliorare, la realtà, che e’ sempre un insieme, e come tale sempre di più della somma delle sue parti?
Come non vedere che l’inquinamento, il sovrappopolamento selvaggio di aree urbane che diventano sempre più gigantesche ed insostenibili, i cambiamenti climatici, stanno mettendo in pericolo la vita stessa?
Come non vedere che c’e’ una chiara similitudine ambientale (condizioni di forte inquinamento, cementificazione ed industrializzazione selvagge, altissima densità abitativa) tra la regione cinese di Wuhan e l'italica pianura Padana, dove il virus sta’ colpendo così forte?
Di più: un recente rapporto del WWF mette in relazione il pericolo che si diffondano virus sempre più mortali e virulenti, con l’estinzione di sempre più numerose specie animali, braccati per farne e commerciarne carne, decimati per fenomeni naturali sempre più estremi come lo scioglimento dei ghiacciai, gli incendi devastanti, la distruzione di habitat naturali e di ecosistemi, con conseguente perdita di biodiversità.
Ma come stiamo vivendo? E soprattutto: per cosa stiamo vivendo? Stiamo adorando la cenere?
Eppure sappiamo bene che dei soldi, del prestigio, delle carriere e del successo, non rimane nulla! Ecco la cenere!
C’è però un'altra cenere, quella amata da Dio, quella destinata all'
immortalità:“le nostre misere ceneri sono amate da Dio, e, così amati possiamo cambiare vita. Siamo al mondo per camminare dalla cenere alla vita. Allora, non polverizziamo la speranza, non inceneriamo il sogno che Dio ha su di noi. Non cediamo alla rassegnazione, I beni terreni che possediamo non ci serviranno, sono polvere che svanisce, ma l’amore che doniamo – in famiglia, al lavoro, nella Chiesa, nel mondo – ci salverà, resterà per sempre. Solo l’amore dura, solo l’amore salva" ha affermato recentemente Papa Bergoglio.
E siamo noi quell'altra cenere: così minimi e fragili ma così capaci di creare tanta bellezza.
Passerà questa emergenza (naturale o provocata che sia), ma non
dimentichiamoci di rimanere lì, sulla fragilità umana, la nostra e quella del prossimo (lontano o vicino che sia), di amarla, perchè la prova dell'intensità e dell'autenticità dell'amore e della cura, stanno nella capacità di amare e curare proprio a partire dalle fragilità, come fa' una madre amando un figlio, una coppia innamorata, una comunità sana ed affettiva.
E non sottraiamoci dallo sperimentare a fondo e con cuore aperto la caducità del nostro cammino umano, anche perchè ci inganneremmo dicendoci il contrario, e non servirà a nulla, perchè ne arriveranno altre, magari
anche peggiori (niente esclude che magari tra 6 mesi oppure 6 anni, non ci si possa ritrovare nella stessa situazione, magari con un virus ancora più letale).
Proprio oggi, mentre scopriamo che non possiamo essere sicuri nemmeno della possibilità che ci sia un domani, possiamo provare a scendere nell' autenticità delle cose, nella realtà più vera: e cioè che siamo di passaggio, come quelle foglie che umilmente si abbandonano, non sottraendosi al loro destino, ma che, proprio perchè consapevoli di cosa le attende, d’autunno si dipingono di colori straordinari, e regalano una
bellezza che sa d' immortalità.
Ecco, fare nostre la consapevolezza di essere cenere amata da Dio e l’umiltà, come vaccini alla morte, e quindi vaccini alla violenza, alla divisione, all’arroganza, all'isolamento, al giudizio, alle ideologie di Dio che separano e condannano,
non per intimorirci o sfiduciarci, ma al contrario, proprio per liberare quel soffio d’immensità e d’infinito che c’e’ in ognuno di noi: e' lì l’immortalità.
Ed inizia con il coraggio - quello più autentico: di andare in
profondità, di noi stessi, nelle relazioni con gli altri, nel guardare alla realtà che ci circonda, crescendo nella consapevolezza, nella
contemplazione e nel discernimento, per neutralizzare il male che e' sempre
frutto della banalità e di idee- ideologie che si crede siano per il bene, ed a cui si aderisce con leggerezza,
- ed inizia con la fortezza, quella più autentica, che e’ il prendersi
cura, di noi stessi, delle persone, delle situazioni.
Guardarsi dentro, cercare quel Dio presente e vivo, prenderci e prendersi cura!
Per diventare come quelle foglie d'autunno, che unite, all'unisono, nonostante l' ineludibilità della venuta del vento freddo dell'inverno, permettono e ci permettono di sentire quel soffio d' infinito e d'immortalità che salva il mondo.
Dopo l’inverno arriva la primavera, ed oggi e’ il suo primo giorno,
l’aria e’ pulita ed i merli cantano della gioia della vita. Il buio
cederà posto alla luce.


Le foto le ho scattate ad Ottobre 2016 in Michigan, US






GLM