mercoledì 23 settembre 2020

Domanda...Sui Paradossi Che Solcano I Mari (E La Terra).

Ormeggiate nel porto di Palermo, l'una non molto distante dall'altra: da una parte la nave di soccorso Sea Watch 4, dall'altra la gigantesca nave da crociera MSC "Grandiosa".
La prima impossibilitata ad uscire in mare per salvare vite umane di donne, uomini e bambini che cercano un futuro attraversando il fu "Mare Nostrum", perché non autorizzata, sequestrata per futili e (probabilmente) pretestuosi motivi dalla guardia costiera,
l'altra, una città galleggiante di 181mila tonnellate di stazza, autorizzata a solcare anche i tratti di mare e di costa più a rischio, per compiacere ai desideri di consumo sfrenato dei suoi imbarcati croceranti.
Da una parte un tentativo di solidarietà, di rottura del muro della globalizzazione dell'indifferenza, dall'altra una forma di turismo "arrogante", "ostentato", anti-ecologico per il grave impatto ambientale e sociale.
Può, un Mondo come il nostro, reggere ancora
a queste malevoli contraddizioni, a questi assurdi paradossi?




lunedì 21 settembre 2020

"La Speranza In Un Campetto (Sbiadito) Di Periferia".




A Palermo, tra il Porto ed il quartiere storico del Borgo Vecchio, un piccolo perimetro di verde resiste all’invasività del grigiore circostante: e' quello del campetto in erba sintetica della parrocchia di S.Lucia, incastonato tra la chiesa ed un casermone popolare, un blocco di cemento di dieci piani dall'improbabile soprannome "Dallas"*.
Da ormai una decina di giorni, saltuariamente, e' il sottoscritto che, regolandone l'accesso (dalle 15.30 alle 19.30 tutti i giorni eccetto la Domenica), stimola la curiosità dei ragazzi che vi giocano, colpiti soprattutto dalla mia parlata con accento del Nord: all'inizio qualcuno pensava fossi di Roma, qualcun'altro di Torino, quando ho rivelato di esser nato a Milano, per molti di loro soprattutto la città dello stadio di San Siro e delle due squadre cugine Inter e Milan, pareva gli si sgranassero gli occhi.
Stupore, il loro, puntualmente ricambiato dal mio: a colpirmi è l’ansia con cui ne attendono l’apertura, la veemenza e l'entusiasmo con cui si infilano nella porticina metallica per accedere al campetto ed iniziare a tirar calci al pallone; farli uscire poi, alla sera, e' sempre impresa che richiede un’estenuante trattativa, in cui entrano in gioco diverse variabili, come i loro umori, qualche volta i miei, il tempo meteorologico, i soliti prevedibili imprevisti "siamo all'ultimo goal di una partita decisiva", che però non è mai l'ultimo, e così via, se potessero, all'infinito.
Attendo paziente e benevolo, comprendendoli: il campetto per molti di loro è l'unico spazio di libertà, di sfogo e di spensieratezza, uno spazio che crea legami ed amicizie, e forse "ricrea" anche la speranza, messa alla prova un po' ovunque in questo tempo allungato di crisi, particolarmente per chi vive in contesti in cui gli spazi condominiali sono compressi, e dove la convivenza è relegata in appartamenti non sempre facili da abitare, soprattutto per chi vive tensioni famigliari.

Mentre li osservavo, mi tornavano alla mente ricordi della mia infanzia e dell'adolescenza, vissute in gran parte in un bel e spazioso appartamento di un palazzone enorme nella semi-periferia di Milano, che sorge all'interno di una vasta area verde, in quei tempi, trent'anni fa, un moderno ed avveniristico parco- giardino condominiale, con veri e propri boschetti, aree di gioco, percorso vita, sentieri e persino tratti di pista ciclabile. Nella città di allora un'unicità, un privilegio ed un’opportunità, il poter vivere in quel contesto: in qualche modo, quel contatto quotidiano con la natura, il poter correre su un prato insieme ai miei coetanei tirando calci al pallone, od ancora da piccolo giocando a guardie e ladri o nascondino, fu determinante per la mia crescita, forse persino salvifico, una fonte di riequilibrio soprattutto nei miei momenti  adolescenziali difficili.
Fu poi altrettanto benefico e salutare, il fatto di abitare in un piano alto, così da riuscire ad ammirare, almeno nelle terse e ventilate giornate invernali, le montagne innevate che si stagliavano all'orizzonte, tra cui il massiccio del Monte Rosa e l'amato Monte Generoso.

 Nei contesti come quello del quartiere storico palermitano del Borgo Vecchio, la natalità è certamente più alta rispetto a quella della media italiana, e le famiglie sono numerose, ma di luoghi di ricreazione nel verde, di giardini e parchetti, neanche l'ombra,  eppure, soprattutto in contesti difficili, dominati dal cemento, dalla povertà economica e dal degrado, più che mai ce ne sarebbe bisogno, soprattutto per i bambini ed i più giovani, per gli anziani. Questione di salute, di benessere per cuore, gambe e polmoni, psiche ed anima. Ed invece, per chi vive in palazzoni come il "Dallas", tranne forse per gli inquilini degli ultimi piani, nemmeno l'orizzonte del mare è più visibile: privati - per via della cementificazione selvaggia, delle alte gru che s'innalzano dal vicino porto, per la stessa posizione sfavorevole verso cui sono rivolti gli appartamenti - anche della vista di un mare che in linea d'aria non dista neppure un chilometro.
Chissà se qualcuno degli autori, tra politici, architetti, funzionari ed affaristi, si sia mai interrogato sul risultato di alcune politiche abitative adottate a partire dalla fine degli anni 60: in questo senso il celebre (soprattutto per le cronache di degrado,  criminalità, cementificazione selvaggia) quartiere ZEN (Zona Espansione Nord) rimane paradigmatico del fallimento di un'idea politica, architettonica ed edilizia, responsabile di aver creato simil-ghetti esteticamente discutibili, sicuramente poco vivibili e molto poco armoniosi e rispettosi dell'ambiente e di quelli che lo abitano. Scelte abitative miopi e fallimentari, ma perseguite e reiterate, visto che lo stesso zen, costruito nel 1969, e' stato replicato ed ampliato (zen due) molti anni dopo, negli anni 80.

Papa Francesco, in un recente incontro con le comunità "Laudato Si" guidate da Carlo Petrini*, ha ricordato quanto sia necessario per ripartire dopo l'emergenza Covid, contemplare la bellezza del creato, e quanto sia altrettanto fondamentale e necessario provare compassione, per madre terra e per l'umanità che la vive. Verrebbe da dire che la compassione, per questi ragazzi che frequentano un campetto di calcetto di una periferia nella periferia d'Italia e d'Europa, e' un sentimento che sorge spontaneo (per quel che mi riguarda accompagnato anche da un po' di commozione),  un sentimento dovuto, che ha a che vedere con la speranza, la speranza di un futuro di opportunità per loro, di un protagonismo, di una partecipazione che li veda non piu' migranti forzati, disoccupati costretti ad espedienti ed illegalità per vivere, ma al contrario costruttori e responsabili di un ambiente più verde ed armonioso, più vivibile e sostenibile, anche economicamente. Lo stesso sentimento risulta un po' meno spontaneo invece per gli architetti, i funzionari pubblici ed i politici che hanno ideato, realizzato e costruito, contesti "soffocati" e "soffocanti" dal grigiore del cemento, come il Dallas, come lo ZEN e molti altri quartieri popolari, ecco per loro il sentimento di compassione non mi pare sia così scontato, così come non lo è per i fautori dei periodici condoni edilizi, per chi intenzionalmente lucra sui poveri, sfruttandoli e "mangiando" su di loro, che forse è l'azione più subdola ed indegna che si possa fare.
Incuranti di tutto ciò i bambini continuano a giocare, a ritrovarsi con gioia ed allegria, sperando, mi confidano, che non arrivi un nuovo lockdown a tenerli lontani dal loro campetto (qui a Palermo i contagi aumentano, e proprio in questi giorni e' stata isolata la missione "Speranza e Carità" di Fratel Biagio Conte). In proposito, mi è stato riferito che diligentemente, e questo è un altro segno di speranza e di testimonianza di responsabilità da parte loro e dei loro genitori, durante il lungo lockdown della primavera scorsa, nessuno dei ragazzi e' stato visto nei paraggi del campetto. 
Non decidiamo dove nascere, l'ambiente ci modifica e ci modella fin da piccoli, e a volte, se degradato, ci rende avvezzi all'incuria, al degrado stesso, alla sfiducia ed alla rabbia, 
ma nei più piccoli, più che altrove, possiamo anche intravedere intensamente ciò che desidera, nel profondo, l'animo umano: relazioni e condivisione, bellezza, armonia, libertà.
Il campetto, a dir la verità, non è un granché, il suo verde e' ormai sbiadito e la sua superficie consumata, però e' integro e ben perimetrato, con le sue righe ancora nitide, e soprattutto e' ancora molto frequentato da bambini ed anche adolescenti, e probabilmente, appunto, conserva ancora tutto il suo fascino, quello della libertà, dell'emozione di correre spensierati e speranzosi: alla ricerca di un goal, di un applauso od un incitamento di un familiare dal balcone, alla ricerca di amicizie, gioia, spensieratezza, di speranza di un domani migliore, che è già l'oggi in un campetto (sbiadito) di periferia.

Giuseppe L. Mantegazza

* I residenti della zona chiamano il palazzo  "Dallas", dall'omonimo famoso serial  degli anni '80, per l'intrecciarsi di piccole storie di criminalità, sesso e droga. 

* https://comunitalaudatosi.org/non-divoriamo-la-terra-ma-restituiamole-dignita-il-discorso-integrale-di-papa-francesco-alle-comunita-laudato-si/

Dall'Enciclica “Laudato Si”:

44. Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura.

149. È provato inoltre che l’estrema penuria che si vive in alcuni ambienti privi di armonia, ampiezza e possibilità d’integrazione, facilita il 116 sorgere di comportamenti disumani e la manipolazione delle persone da parte di organizzazioni criminali. Per gli abitanti di quartieri periferici molto precari, l’esperienza quotidiana di passare dall’affollamento all’anonimato sociale che si vive nelle grandi città, può provocare una sensazione di sradicamento che favorisce comportamenti antisociali e violenza. Tuttavia mi preme ribadire che l’amore è più forte. Tante persone, in queste condizioni, sono capaci di tessere legami di appartenenza e di convivenza che trasformano l’affollamento in un’esperienza comunitaria in cui si infrangono le pareti dell’io e si superano le barriere dell’egoismo. Questa esperienza di salvezza comunitaria è ciò che spesso suscita reazioni creative per migliorare un edificio o un quartiere.

mercoledì 9 settembre 2020

Il Prezzo Delle Note Stonate.

 

Come se non pagassimo un prezzo: all'incuria, alla mancanza di attenzione e di rispetto, alla mancanza di senso civico, all'incapacità a costruire relazioni sane e che non siano meramente utilitaristiche, come quelle che abbiamo con il mare, buono per rinfrescarci nelle torride giornate estive, e buono perché trasformato in un banchetto di pesci per la nostra insaziabile voracità.
Ed invece Il prezzo c'è, eccome se c'è, ed è altissimo, e non riguarda solo il mare, trasformato in spazio di prelievo disforme di pesci e di risorse,  contenitore di plastica e rifiuti, come peraltro lo sono diventate alcune spiagge qui a Palermo dopo le sbornie delle feste d'Agosto, nonostante la necessità della sordina e di evitare gli assembramenti, visto lo stato di emergenza ancora in atto per la diffusione del virus.
Riguarda noi, gli spazi che viviamo, l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo: il prezzo e' il degrado nelle strade, le opere pubbliche mai completate, gli ecomostri, l'acqua dei rubinetti non potabile ed a intermittenza.
Il prezzo è ospedali e scuole fatiscenti, tempi di attesa per cure mediche indicibili, buche e voragini nelle strade, rifiuti sui marciapiedi, asfalto divelto.
Eppure basterebbe poco, un poco che costa tanto, ma che converrebbe, perché non ci sono altre vie possibili per il bene.
I sistemi corrotti si reggono sui ricatti, sulla sudditanza, sulla deresponsabilizzazione, la nostra.
Sull'inganno, sull'elevare a riferimenti vincenti modelli aggressivi, violenti, arroganti. Ci facciamo ricattare dai vizi e dalle debolezze, ci facciamo sedurre dal brutto e dai bulli, dalla mediocrità, ci facciamo ingannare dal facile e subito.
Diamo retta alla pancia, in questo circolo vizioso che alimenta ignoranza, sottosviluppo, malapolitica ed oltre, fino alla corruzione ed alla criminalità, anche e soprattutto quella organizzata.
Eppure basterebbe scegliere, l'uomo sceglie sempre.
Certo, per fare scelte il più libere possibile, bisogna faticare, sforzarsi di comprendere, avere consapevolezza, di se stessi in primis, si tratta di non prendere tutto ciò che ci arriva e che ci viene proposto, di discernere cosa è dannoso e cosa chiude nel vizio e nel cortocircuito, si tratta di essere sufficientemente liberi e lucidi, capaci di rifiutare il percorso più facile, quello che inevitabilmente ci riporta sempre al punto di partenza.
A renderci degni e migliori sono la fatica della ricerca, il coraggio di iniziare un cambiamento, il non dare per scontato modelli e comportamenti, anche culturali e persino antropologici, dannosi, per noi e per gli altri, siano essi i nostri vicini più prossimi od i lontani.
Essere consapevoli che tutto è in relazione, che tutto ci riguarda. Globalizzare la responsabilità e la solidarietà, non l'indifferenza.

Allacciare le cinture, arrivare puntuali ad un appuntamento, non buttare cartacce in strada, non lasciare rifiuti in spiaggia.E' provocante, in proposito, vedere bambini e ragazzi, che più di altri dovrebbero già aver sviluppato sensibilità civica ed ecologica, buttare rifiuti mentre  giocano al campetto della parrocchia nel quartiere del Borgo Vecchio qui a Palermo, rivendicando persino il gesto, in senso di sfida, forse anche di rabbia, di frustrazione e mancanza di speranza.Eppoi ancora  non parcheggiare dove non è consentito, per non essere da ostacolo ai pedoni, ai ciclisti, perché la mancanza di senso civico va inevitabilmente a colpire tutti, specialmente i più deboli, gli anziani, i disabili, i bambini. Non per perfezionismo o senso del dovere ma per amore, rispetto, misericordia, che poi fanno la conversione, o meglio è l'autenticità della conversione a farli. Non solo rispettare e non prevaricare, soprattutto curare: non per legalismo ma per viva sensibilità (spesso pare invece che l'unica autorità riconosciuta sia quella punitiva, in una dinamica molto infantile che crea lo stereotipo del gioco di "guardia e ladro" e che crea una sorta di  deterrenza passiva e di facciata, a proposito e ad esempio, il più delle volte per placare i litigi e gli accenni di rissa che puntualmente si creano alla fila per ricevere il pranzo alla mensa Caritas, l'unico richiamo ascoltato e compreso pare sia la minaccia di far intervenire i carabinieri). Non c'è processo virtuoso che non venga dall'uomo e che non ritorni all'uomo, in termini di bene e di crescita. E non c'è percorso autentico di cambiamento delle strutture che non parta da noi, dal nostro quotidiano, da come lo viviamo, dalle sensibilità, cure ed attenzioni da cui ci facciamo abitare, e dalle conseguenti relazioni ed azioni che costruiamo.

Far emergere note armoniche, diventare noi stessi note armoniche in un mondo spesso dominato da note stonate.
Eppoi contemplare il bello e ciò che sa d'infinito, l'orizzonte del mare, un cielo dipinto al tramonto, dipinto nell'oscurità della notte da nitide stelle e da una luminosa luna.
Contemplare ed ascoltare note armoniche: credo che il bene e la rigenerazione partano da lì.

L'orizzonte Del Mare, Di Gocce D'Infinito”.


                                           “L'orizzonte Del Mare, Di Gocce D'Infinito”.

Non è il suo dolce respiro,
od il farsi cullare dai suoi pacati movimenti,
non il suo refrigerio in estate,
neppure la salsedine che allevia il respiro,
né il suo sale rimarginante;
piuttosto è il suo orizzonte d' infinito,
il perpetuo movimento,
di eterna vita,
di frontiera dell'anima,
di premessa di ciò che potrebbe esserci in quell'oltre quasi impercettibile, però vivo e reale.
La libertà che ci prelude il mare costa fatica, quella d' affidarsi ad una meta protesa all'infinito,
di continuare a navigare senza sosta verso l'orizzonte che gli empi ignorano,
che i pagani deridono,
che i carnefici vorrebbero possedere e poi distruggere.
Ma anche l'orizzonte si trasforma in condanna,
quando lo sguardo si abbassa,
quando il desiderio di terra ferma, di ritorno e di nascondimento, hanno il sopravvento.
E' umano certo,
anche i marinai forse non sono così liberi: dopo tanto tempo in mare il loro sguardo si fa contrito,
e la ricerca si affievolisce ad un mesto desiderio di terra ferma.
Ma il viaggio non consente un ritorno che non sia miraggio ed inganno.
L'autentica ricerca e' nel contemplare, non nel possedere,
convivendo con il limite,con la consapevolezza che l'orizzonte sarà sempre là, oltre, irraggiungibile.
Ma è proprio quell'osare, di tenere lo sguardo su di esso, che rende il viaggio autentica prova di fede, di coraggio,
e di speranza.
E' l'eternità delle gocce d'acqua,
libere nel disperdersi nel mare.
GLM


martedì 8 settembre 2020

Willi Monteiro E l'indifferenza Glocal.

 La globalizzazione dell'indifferenza e' glocal, un male che produce altro male. In ogni caso la violenza ha sempre affascinato, perché, da sempre, e' strumento di successo, conquista, potere, denaro. Sdoganata ed avallata dal potere, dall'ideologia, dalla teologia. 


Bene contrastare il trumpismo, il berlusconismo, il salvinismo. Ma con il male - individuale e strutturale/comunitario, anche solo per il suo sguardo assente ed indifferente quindi complice e responsabile - avremo sempre a che fare, fino alla fine dei tempi. Possiamo "solo" darci da fare per creare processi umani, quindi anche di strutture, più responsabili, adulte, mature, non violente ed aperte al dialogo ed all'accoglienza. Siamo solo all'inizio di questo cammino...