giovedì 30 dicembre 2021

Ritiro Pre-Consacrazione

Carissime, carissimi, da stasera entrerò nel silenzio. Nel ritiro che precede i voti ( o meglio... le virtù). Pregherò per il mio cammino, per il vostro, per l'umanità, per chi ho incontrato ed avvicinato, per tutti voi che siete nel mio cuore. Per arrivare qui a Limone Sul Garda, dove proclamero' povertà, castità ed obbedienza ( che paradosso! Ma in fondo, se ci pensate bene, la vita stessa e' paradosso, e paradosso e' l'essenza stessa del cristianesimo, cioe' la morte che dona la vita), abbiamo percorso la dorsale adriatica, e poi su fino a qui, sul lago di Garda. Più di 1000 km partendo dal tacco d'Italia, il Salento, fin a raggiungere questa località suggestiva, incastonata tra il lago e le cime ora innevate, che e' diventata una specie di enclave tedesca in Italia. Limone, questo e' curioso e positivo per me, e' sotto osservazione, studiata perché ha un segreto, quello della longevità ( e' la località che ha tra il più alto numero di centenari in relazione alla popolazione). Personalmente mi sento come fossi stato tramortito, sono dolorante, come fossi stato "sradicato", seppur in Salento abbia trascorso un anno. Sradicato anche e soprattutto affettivamente: ieri sera, guardando per un'ultima volta il mare Adriatico (che e' stato mio compagno di preghiera, di pensieri, di gioia, di bagni anche invernali) , a Pesaro, dove ci siamo fermati per dormire prima di riprendere stamattina presto il viaggio, mi sono commosso, affidando al mare e a Dio, i miei più bei pensieri per voi, per tutte le persone che ho conosciuto, per i più piccoli, i più fragili, per i gatti salentini anche ( ma anche i cani, i gabbiani, le gazze che infestano il parco dei comboniani). Credo sia, lo sradicarsi, un passaggio, un attraversamento necessario per "radicarsi", ancor più, nell'unico che è davvero capace, se ci avviciniamo a lui, di curarci, di curare le nostre tante ferite. E' Il partire da Ninive come ha fatto Abraham, che spero' contro ogni speranza, per fede. Quel partire che non necessariamente implica uno spostamento esteriore, perché il più autentico cammino e' interiore, il viaggio dentro di noi, nel nostro animo, verso la luce oltre le oscurità. Mi sono commosso anche rivedendo le Alpi, la neve, le salite che tanto amo ( in Salento confesso che mi mancava il camminare od il pedalare in salita, d'altronde se non mi piacessero le salite non mi troverei ora qui, ma non e' masochismo credetemi), rivedendo i colori di un lago alpino. E mi sono commosso vedendo due gatti di cui le cuoche si prendono cura nella nostra casa comboniana. Limone sul Garda ed il Salento: in comune gli ulivi, le arance ed i limoni. Pensate, e' una delle pochissime località cosi' a nord dove vi crescono. Questo ci unisce. Insieme all'acqua, che e' vita. Una delle prime cose che ho fatto arrivato qui e' stata quella di bagnarmi mani e faccia nel lago: sentire l'acqua...sentire la vita. In ogni spostamento in un nuovo terreno vi è gioia e sofferenza . Io prego per voi, voi pregate per me, soprattutto pregate perche' possa sempre fruttificare dove il Signore mi pone . Per lo stile delle relazioni profonde che vivo con le persone...credo gioiro' e soffriro' sempre, e faro' gioire e soffrire anche altri . È una sfida ineludibile quella delle relazioni, che spesso, purtroppo, vengono ridimensionate proprio per non soffrire più . Ma io provero' sempre a resistere a questa tentazione, al minimalismo. Vorrei continuare ad immergermi totalmente, anche affettivamente, anzi soprattutto affettivamente ( ecco cosa e' il sentire), perché non è possibile curare se non c'è il cuore coinvolto...anche se questa immersione col cuore, e poi la riemersione, comporta dolore, per me e per altre persone... Credo non ci siano altri cammini per poter guarire, per poter crescere, elevarsi. Anche la pianta per crescere deve tirarsi, e quindi provare dolore. Elevarsi per servire sempre più e meglio gli altri, a partire dai più piccoli, i più abbandonati. Elevarsi per amare sempre più e meglio. Ci si gioca la vita non per una idea, ma per il cuore, per l'amore. Ecco. Non giocate con la vita, ma giocatevela! Per e con il cuore, per e con l'amore. Per Cristo, per chi ci crede nell'amore cristiano, puro e totalizzante! Dal dolore, come dalle crisi, non si esce mai del tutto, come dalla lotta, sono continue: vanno affrontate, sapendo che o ne usciamo più umani, oppure più deumanizzati ( il dolore se non affrontato ed integrato deumanizza). Coraggio! E' la sfida della vita. Dell'amore. Da affrontare con fede, nell'uomo, negli abbracci, nella comunione e comunità. In Dio. Vi voglio bene, vi ricordo (vi porto nel cuore). " Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo” Mt 18,15-20

Buon cammino! Buon volo!

Vi prego di "accompagnarmi" in questo mio ultimo giorno qui in Salento. Tanti ricordi (portati nel cuore), tante persone avvicinate, con e forse a Dio, tanto affetto donato e ricevuto. Ma anche tanto dolore - e non mi riferisco al mio, al nostro di missionari che dovremmo essere capaci di immergerci, e poi riemergere, negli abissi dei luoghi, e dell'animo umano soprattutto, testimoniando che anche da li' in mezzo, negli abissi, soprattutto da li', è possibile rimanere "ancorati" al bene, e che è possibile scorgere un lumicino, di speranza, di amore, di seme recondito in ogni persona, il seme di Dio- mi riferisco al tanto dolore di cui sono stato testimone, dolore profondo che innalza grida a Dio, da questa terra, dove la mancanza di lavoro, di "sbocchi", di acqua fresca ed ossigenata, di opportunità ( muri sociali, politici, culturali, strutturali in questa realtà in parte ancora chiusa, patriarcale, "feudale"), produce ferite, blocchi, emigrazioni, facilitando anche mancanza di speranza. Che è il male peggiore che può affliggere l'uomo. Ma come ovvio, anche qui in Salento sono stato testimone di tanto bene, anche nascosto, ma vivo. C'è vita anche nello "stagno". A proposito...il mio luogo del cuore, di questo mio intero anno passato qui in Salento, e' stato le Cesine ( riserva naturale wwf)...una palude, uno stagno appunto, pieno e pieno di vita ( nel tempo passato li', alle Cesine, che ho sempre raggiunto in bicicletta, ho potuto osservare, ammirato e stupito, con gratitudine, specie rare, cervoni, fenicotteri, aironi e molto altro ancora), uno stagno vivo e meraviglioso, perché vicino al mare, che è vita, movimento, energia. Il mare è in qualche modo, il contrario dello stagno. Il mare da pace. Libera i pensieri. Non li ingabbia, li lascia andare. Allora il mio ultimo invito agli amici salentini e' proprio questo: di stare, davanti al mare, il più possibile. E molti pensieri inutili scapperebbero via, svanirebbero. Sapremmo dare la giusta priorità alle cose, torneremmo a casa un po' più centrati, meno affannati, più noi stessi...più liberi... E tenendo lo sguardo verso l'alto anche, ogni tanto. Ai meravigliosi cieli, che spesso animano la terra qui sotto. Cieli che sanno di oriente, che anticipano la luce, l'epifania. Cito anch'io, come ha fatto il nostro caro Papa Francesco proprio nell'omelia della S.Messa di Natale, la "divina" Emily Dickinson ( che è proprio la mia poetessa preferita):" “Chi non ha trovato il Cielo quaggiù lo mancherà lassù". Buon cammino, Dio dica bene di voi...di noi..
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martedì 14 dicembre 2021

Lettera salentina ( Ed Oltre ).

Vi scrivo queste parole con pienezza di cuore, di un cuore inquieto, anche malinconico per questa imminente partenza, di un cuore che rimane aperto e pregno di amore. E di questo vi ringrazio, perché in questo anno passato con voi, il mio cuore si è ancor più espanso, appassionato, inquietato: per la nostra sorte, la sorte dell' umanità di cui siamo parte. Provo dolore in questa partenza, in questo "strappo" anche affettivo, di questo dover "riemergere" dopo essermi immerso profondamente, donandomi, nelle realtà che ho abitato qui, ma lo sradicamento ed il radicamento in Cristo sono parte "fondante" e "fondativa" della missione, di una vita missionaria, itinerante come lo è stata la vita di colui a cui proviamo ad ispirarci. Di ogni vita, perché tutti abbiamo un destino comune, che è il lasciare, perché ogni vita, la tua, la vostra, la nostra, è itinerante, anche se vissuta tutta nello stesso posto, e perché ogni vita è una missione. Ma la vera sfida del cammino umano, e cristiano, è proprio questa: aprirsi per farsi trasformare la morte in resurrezione. Trasformare il proprio dolore, che ognuno di noi porta, in resurrezione. Il senso è nella bellezza dell’esistenza nonostante il dolore, la speranza nonostante l’esperienza della vita. Nonostante la solitudine, e la mia solitudine è come quella del seme nella terra: ho dentro l’inquietudine e il fermento della vita ma ho paura di spezzarmi, di non diventare quello che potrei essere. In Salento ci arrivai il 28 Dicembre dello scorso anno, partendo da una Milano innevata: raggiunsi Lecce nel cuore della notte, bivaccai intorno alla stazione, familiarizzando con alcuni emarginati; la mattina presto finalmente raggiunsi la casa dei Comboniani di Cavallino. Non fu facile all'inizio, non conoscevo nessuno qui, il luogo isolato, il deserto...successivo ad una forte, intensa, d'amore, esperienza pastorale a Palermo, nell'umanità, con l'umanità più "segnata", ma più amata da Dio, quella dei migranti, dei senzatetto, delle prostitute. Non è stata facile, non è mai facile mettersi in gioco rimanendo fedele ai desideri, e sogni, di verità, giustizia ed autenticità, per se e per il mondo, rimanendo "fedeli" alla propria storia, alla propria "radice" di bene, al proprio dolore anche, che non scompare, ma che, se si "apre" alla carezza dell'amore, è trasformato in vita. L'amore vero credo sia il dolore trasformato in amore... Lo cantava anche Lucio Dalla, grande poeta e cantante, nella sua "Le Rondini" https://youtu.be/nFui_6xwmrs , canzone che mi ha accompagnato in questo mio cammino qui " Vorrei seguire ogni battito del mio cuore | Per capire cosa succede dentro e cos'è che lo muove | Da dove viene ogni tanto questo strano dolore | Vorrei capire insomma che cos'è l'amore | Dov'è che si prende, dov'è che si dà.“ Giorno dopo giorno, legna dopo legna trasportata ed accatastata (nei miei lavori nel parco questo soprattutto ho fatto), grazie alla preghiera, agli studi, alla formazione, alla disciplina ed all'impegno quotidiano (il mio, del mio formatore Padre Giambattista, della comunità comboniana tutta, che ringrazio!), sono arrivato al termine di questa parte di cammino. Giorno dopo giorno, arricchito, e credo cresciuto. Rimanendo sempre aperto: alla grazia, alle relazioni, alla vita, alla tenerezza, all'amore, alla bellezza. Tante e dure sono state le prove, di moltre altre ne arriveranno, la vita stessa è prova: non ho paura, non c'e' da arrendersi, il bene è ostinato, l'autenticità, la propria prima di tutto, e' bene primario da perseguire e custodire. Credo, come più volte ho sostenuto e scritto, che per guardare al futuro, bisogna "ricominciare", a partire dalle strutture, dalle nostre strutture umane, a volte ancora chiuse, autoreferenziali, "distanti" e "fredde". La sfida del cambiare il mondo non può che partire dal cambiarsi. La sfida del rigenerare ( un termine molto caro al Comboni, di un concetto pienamente evangelico e profetico) non può che partire dal rigenerarsi. Mettersi in gioco è pagare un prezzo, quello della fatica di una vita esigente, della fatica della responsabilità, senza compromessi al ribasso, senza troppi sconti, in primis con se stessi, semmai, poi, con gli altri. Ne vale la pena, anche perchè senza questo "mettersi in "gioco" non mi pare sia possibile avanzare processi di cambiamento positivi, chiederli agli altri, chiedere onestà, passione, competenza dagli altri. E senza mettersi in gioco, illuminati dalla luce della propria coscienza e dello spirito, non mi pare sia possibile vigilare e "contrastare" un "sistema" di potere che, se non è quello del servizio, si trasforma inevitabilmente in perverso e mafioso. Potere che, se non è appunto quello del servizio autentico, manipola e sfrutta le fragilità, e su queste ci tiene in ricatto: anche la Chiesa qualche volta ha contribuito a creare ismi ( clericalismi, servilismi, assistenzialismi, nepotismi, pietismi, devozionismi vari, cioè ha prodotto sudditanza, che è il contrario della liberazione)... Il Servizio autentico non è mai servilismo! La paura spinge alla chiusura, ad erigere muri, ad erigere strutture, magari rassicuranti perché potenti e grandi, ma gabbie, che, giorno dopo giorno, rischiano, se non siamo liberi noi, di richiuderci ancor di più. Noi dovremmo cercare Cristo e non una struttura che ci conforti chiudendoci (nella chiusura non ci potrà mai essere conforto autentico), "ricominciando", mettendoci in gioco a livello personale prima di tutto, la paura non è mai la nostra parte migliore, anche se le prove sono grandi in questo nostro viaggio! Il cammino di fede è il coraggio della ricerca, l' inquietudine del cuore, la consapevolezza profonda- sperimentata - che "la nostra luce ha sempre trovato la sua via attraverso l'oscurità, e c'e' speranza nella strada, sulla strada, davanti". E che il cammino si apre camminando. La Chiesa o e' in uscita, e cresce sulla strada, oppure non è Chiesa! Se abbiamo fede non possiamo non immergerci nell'umanità, soprattutto la più dolente, perché è solo a partire da questa immersione che può esserci concesso di riemergere per elevarci verso Cristo; e se abbiamo fede non possiamo non attrarre. Attrarre per le nostre scelte, per il nostro coraggio, per il nostro modo di vivere le relazioni, e di curarci tra noi, non avendo paura di sentire sulla pelle la vita, anche il dolore certo (non c'e' vita che non abbia dolore), anche gli errori, i fallimenti. "Sentire" per contrastare la cultura dello scarto e dell'indifferenza, per costruire la cultura della condivisione e della solidarietà. A partire dallo sguardo con cui guardiamo a noi ed agli altri, alle relazioni che sempre ci fanno da specchio. A partire dagli occhi, la loro espressione: in questo la crisi pandemica, come tutte le crisi, è anche opportunità, l'opportunità di fermarsi agli sguardi, la mascherina ci permette di vedere meglio gli occhi, lo sguardo, e di capire, anche l'amore... se riusciamo ad andare in profondità. A voi, amiche ed amici salentini un grazie: mi sono speso, senza risparmio, ma ho ricevuto molto di più, affetto soprattutto. E sto per raggiungere un traguardo che mi ero posto: tornare in Africa come missionario consacrato. Il futuro è aperto, camminiamo, insieme! Prima di salutarvi vorrei però spingervi ad essere voi l'acqua corrente e fresca in questo stagno di Salento! "Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo", siate coraggiosi, audaci anche, come testimoni della fede in Cristo Gesù, eppoi sufficientemente lucidi, maturi, onesti da riconoscere o meno l'autenticità nei professionisti, nei professori, nei politici, nei religiosi, in chi ha un ruolo di servizio...il potere va provocato, siate capaci di "spremerlo", di discernerne l'autenticità nel servizio, di esporvi, ed anche di provare a trasformarlo, a partire dalla trasformazione personale, intima, in ognuno di voi! E spingervi soprattutto a "sentire" la bellezza in ognuno di noi, la bellezza del mare, del creato, la bellezza di un volo di gabbiano all'imbrunire! La bellezza del seme di amore che c'e' in ognuno di noi! Se riuscite a vedere la bellezza in voi, riuscirete a vedere anche quella che vi circonda! Il Salento poi è di una bellezza disarmante! "Con questa fede uscirò e scaverò un tunnel di speranza attraverso la montagna della disperazione. Con questa fede uscirò con te e trasformerò gli oscuri ieri in luminosi domani” scriveva martin Luther King. Grazie per l'affetto, e sosteneteci. Che per i Comboniani questo anno è stato particolarmente forte, anche in negativo per la scomparsa di Padre Claudio, e per malattie che hanno colpito il nostro contesto. Vi lascio con queste parole, proprio di un comboniano, Lele Ramin, missionario ucciso in Brasile, perché difendeva i campesinos, i poveri, gli sfruttati . Scriveva- poco prima di essere ucciso dal potere che denunciava nel nome di Cristo Gesù - di un amore, di un sogno, ecco...fatevi ispirare dai sogni... «Abbiate un sogno. Abbiate un bel sogno. Seguite soltanto un sogno. Una vita che segue un sogno si rinnova di giorno in giorno. Sia il vostro un sogno che miri a rendere liete non soltanto tutte le persone, ma anche i loro discendenti. È bello sognare di rendere felice tutta l’umanità. Non è impossibile». Che sia, la luce natalizia, dentro di noi. Grazie!...e...Ci troveremo, un giorno sulla strada!...non è un addio, ma a Dio... Fr Giuseppe L. Mantegazza Cavallino, 13/12/21