martedì 14 dicembre 2021

Lettera salentina ( Ed Oltre ).

Vi scrivo queste parole con pienezza di cuore, di un cuore inquieto, anche malinconico per questa imminente partenza, di un cuore che rimane aperto e pregno di amore. E di questo vi ringrazio, perché in questo anno passato con voi, il mio cuore si è ancor più espanso, appassionato, inquietato: per la nostra sorte, la sorte dell' umanità di cui siamo parte. Provo dolore in questa partenza, in questo "strappo" anche affettivo, di questo dover "riemergere" dopo essermi immerso profondamente, donandomi, nelle realtà che ho abitato qui, ma lo sradicamento ed il radicamento in Cristo sono parte "fondante" e "fondativa" della missione, di una vita missionaria, itinerante come lo è stata la vita di colui a cui proviamo ad ispirarci. Di ogni vita, perché tutti abbiamo un destino comune, che è il lasciare, perché ogni vita, la tua, la vostra, la nostra, è itinerante, anche se vissuta tutta nello stesso posto, e perché ogni vita è una missione. Ma la vera sfida del cammino umano, e cristiano, è proprio questa: aprirsi per farsi trasformare la morte in resurrezione. Trasformare il proprio dolore, che ognuno di noi porta, in resurrezione. Il senso è nella bellezza dell’esistenza nonostante il dolore, la speranza nonostante l’esperienza della vita. Nonostante la solitudine, e la mia solitudine è come quella del seme nella terra: ho dentro l’inquietudine e il fermento della vita ma ho paura di spezzarmi, di non diventare quello che potrei essere. In Salento ci arrivai il 28 Dicembre dello scorso anno, partendo da una Milano innevata: raggiunsi Lecce nel cuore della notte, bivaccai intorno alla stazione, familiarizzando con alcuni emarginati; la mattina presto finalmente raggiunsi la casa dei Comboniani di Cavallino. Non fu facile all'inizio, non conoscevo nessuno qui, il luogo isolato, il deserto...successivo ad una forte, intensa, d'amore, esperienza pastorale a Palermo, nell'umanità, con l'umanità più "segnata", ma più amata da Dio, quella dei migranti, dei senzatetto, delle prostitute. Non è stata facile, non è mai facile mettersi in gioco rimanendo fedele ai desideri, e sogni, di verità, giustizia ed autenticità, per se e per il mondo, rimanendo "fedeli" alla propria storia, alla propria "radice" di bene, al proprio dolore anche, che non scompare, ma che, se si "apre" alla carezza dell'amore, è trasformato in vita. L'amore vero credo sia il dolore trasformato in amore... Lo cantava anche Lucio Dalla, grande poeta e cantante, nella sua "Le Rondini" https://youtu.be/nFui_6xwmrs , canzone che mi ha accompagnato in questo mio cammino qui " Vorrei seguire ogni battito del mio cuore | Per capire cosa succede dentro e cos'è che lo muove | Da dove viene ogni tanto questo strano dolore | Vorrei capire insomma che cos'è l'amore | Dov'è che si prende, dov'è che si dà.“ Giorno dopo giorno, legna dopo legna trasportata ed accatastata (nei miei lavori nel parco questo soprattutto ho fatto), grazie alla preghiera, agli studi, alla formazione, alla disciplina ed all'impegno quotidiano (il mio, del mio formatore Padre Giambattista, della comunità comboniana tutta, che ringrazio!), sono arrivato al termine di questa parte di cammino. Giorno dopo giorno, arricchito, e credo cresciuto. Rimanendo sempre aperto: alla grazia, alle relazioni, alla vita, alla tenerezza, all'amore, alla bellezza. Tante e dure sono state le prove, di moltre altre ne arriveranno, la vita stessa è prova: non ho paura, non c'e' da arrendersi, il bene è ostinato, l'autenticità, la propria prima di tutto, e' bene primario da perseguire e custodire. Credo, come più volte ho sostenuto e scritto, che per guardare al futuro, bisogna "ricominciare", a partire dalle strutture, dalle nostre strutture umane, a volte ancora chiuse, autoreferenziali, "distanti" e "fredde". La sfida del cambiare il mondo non può che partire dal cambiarsi. La sfida del rigenerare ( un termine molto caro al Comboni, di un concetto pienamente evangelico e profetico) non può che partire dal rigenerarsi. Mettersi in gioco è pagare un prezzo, quello della fatica di una vita esigente, della fatica della responsabilità, senza compromessi al ribasso, senza troppi sconti, in primis con se stessi, semmai, poi, con gli altri. Ne vale la pena, anche perchè senza questo "mettersi in "gioco" non mi pare sia possibile avanzare processi di cambiamento positivi, chiederli agli altri, chiedere onestà, passione, competenza dagli altri. E senza mettersi in gioco, illuminati dalla luce della propria coscienza e dello spirito, non mi pare sia possibile vigilare e "contrastare" un "sistema" di potere che, se non è quello del servizio, si trasforma inevitabilmente in perverso e mafioso. Potere che, se non è appunto quello del servizio autentico, manipola e sfrutta le fragilità, e su queste ci tiene in ricatto: anche la Chiesa qualche volta ha contribuito a creare ismi ( clericalismi, servilismi, assistenzialismi, nepotismi, pietismi, devozionismi vari, cioè ha prodotto sudditanza, che è il contrario della liberazione)... Il Servizio autentico non è mai servilismo! La paura spinge alla chiusura, ad erigere muri, ad erigere strutture, magari rassicuranti perché potenti e grandi, ma gabbie, che, giorno dopo giorno, rischiano, se non siamo liberi noi, di richiuderci ancor di più. Noi dovremmo cercare Cristo e non una struttura che ci conforti chiudendoci (nella chiusura non ci potrà mai essere conforto autentico), "ricominciando", mettendoci in gioco a livello personale prima di tutto, la paura non è mai la nostra parte migliore, anche se le prove sono grandi in questo nostro viaggio! Il cammino di fede è il coraggio della ricerca, l' inquietudine del cuore, la consapevolezza profonda- sperimentata - che "la nostra luce ha sempre trovato la sua via attraverso l'oscurità, e c'e' speranza nella strada, sulla strada, davanti". E che il cammino si apre camminando. La Chiesa o e' in uscita, e cresce sulla strada, oppure non è Chiesa! Se abbiamo fede non possiamo non immergerci nell'umanità, soprattutto la più dolente, perché è solo a partire da questa immersione che può esserci concesso di riemergere per elevarci verso Cristo; e se abbiamo fede non possiamo non attrarre. Attrarre per le nostre scelte, per il nostro coraggio, per il nostro modo di vivere le relazioni, e di curarci tra noi, non avendo paura di sentire sulla pelle la vita, anche il dolore certo (non c'e' vita che non abbia dolore), anche gli errori, i fallimenti. "Sentire" per contrastare la cultura dello scarto e dell'indifferenza, per costruire la cultura della condivisione e della solidarietà. A partire dallo sguardo con cui guardiamo a noi ed agli altri, alle relazioni che sempre ci fanno da specchio. A partire dagli occhi, la loro espressione: in questo la crisi pandemica, come tutte le crisi, è anche opportunità, l'opportunità di fermarsi agli sguardi, la mascherina ci permette di vedere meglio gli occhi, lo sguardo, e di capire, anche l'amore... se riusciamo ad andare in profondità. A voi, amiche ed amici salentini un grazie: mi sono speso, senza risparmio, ma ho ricevuto molto di più, affetto soprattutto. E sto per raggiungere un traguardo che mi ero posto: tornare in Africa come missionario consacrato. Il futuro è aperto, camminiamo, insieme! Prima di salutarvi vorrei però spingervi ad essere voi l'acqua corrente e fresca in questo stagno di Salento! "Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo", siate coraggiosi, audaci anche, come testimoni della fede in Cristo Gesù, eppoi sufficientemente lucidi, maturi, onesti da riconoscere o meno l'autenticità nei professionisti, nei professori, nei politici, nei religiosi, in chi ha un ruolo di servizio...il potere va provocato, siate capaci di "spremerlo", di discernerne l'autenticità nel servizio, di esporvi, ed anche di provare a trasformarlo, a partire dalla trasformazione personale, intima, in ognuno di voi! E spingervi soprattutto a "sentire" la bellezza in ognuno di noi, la bellezza del mare, del creato, la bellezza di un volo di gabbiano all'imbrunire! La bellezza del seme di amore che c'e' in ognuno di noi! Se riuscite a vedere la bellezza in voi, riuscirete a vedere anche quella che vi circonda! Il Salento poi è di una bellezza disarmante! "Con questa fede uscirò e scaverò un tunnel di speranza attraverso la montagna della disperazione. Con questa fede uscirò con te e trasformerò gli oscuri ieri in luminosi domani” scriveva martin Luther King. Grazie per l'affetto, e sosteneteci. Che per i Comboniani questo anno è stato particolarmente forte, anche in negativo per la scomparsa di Padre Claudio, e per malattie che hanno colpito il nostro contesto. Vi lascio con queste parole, proprio di un comboniano, Lele Ramin, missionario ucciso in Brasile, perché difendeva i campesinos, i poveri, gli sfruttati . Scriveva- poco prima di essere ucciso dal potere che denunciava nel nome di Cristo Gesù - di un amore, di un sogno, ecco...fatevi ispirare dai sogni... «Abbiate un sogno. Abbiate un bel sogno. Seguite soltanto un sogno. Una vita che segue un sogno si rinnova di giorno in giorno. Sia il vostro un sogno che miri a rendere liete non soltanto tutte le persone, ma anche i loro discendenti. È bello sognare di rendere felice tutta l’umanità. Non è impossibile». Che sia, la luce natalizia, dentro di noi. Grazie!...e...Ci troveremo, un giorno sulla strada!...non è un addio, ma a Dio... Fr Giuseppe L. Mantegazza Cavallino, 13/12/21

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