domenica 26 marzo 2017

Il Posto Al Sole Dell' Italia Fascista, Che Non C' e' Piu' .

Jimma,  la più grande città dell'Etiopia sudoccidentale, nella regione
di Oromia, conta una popolazione di almeno 300 mila abitanti, si trova
a circa 250 km a sud-ovest della capitale Addis Abeba. Prima che
venisse sciolta, era la capitale della provincia di Kaffa, la regione
che, secondo la tradizione, vanta di essere l'origine del caffe'
(etimologicanente la parola caffe' deriva proprio da Kaffa).
Durante l'amministrazione coloniale italiana era sede del
Governatorato di Galla e Sidama(GS), la località venne scelta a causa
della sua centralità rispetto al territorio del Governatorato e la
città venne praticamente fondata ex novo, secondo un piano regolatore
che prevedeva di creare una città residenziale dotata di tutti i
servizi in grado di soddisfare le esigenze di una sede di
Governatorato.

Riccardo Messino', 87 anni, l'ultimo italiano rimasto a Jimma
Già nel 1938 la città di Gimma era valutata avere 15.000 abitanti, dei
quali almeno 5.000 italiani (era la seconda citta' per numero di
italiani residenti, dopo la capitale Addis Abeba).
Tra il 1936 ed il 1941, anno in cui gli inglesi sconfissero gli
italiani, in Etiopia furono costruiti ponti, edifici, cinema, furono
costruite piazze e quasi 20mila km di strade asfaltate.
Nelle sale dei cinema si proiettavano film italiani in cui si
esaltavano la propaganda del minculpop e la conquista del "posto al
sole".
Le aree dove vivevano gli italiani erano pero' interdette agli etiopi,
se non ai pochi autorizzati (per lo piu' lavoratori nelle attivita'
italiane e domestici, trattati alla stregua di schiavi).
Nel 1937 ad Addis Abeba, nei giorni successivi al  fallito attentato
al generale Graziani (https://it.wikipedia.org/wiki/Rodolfo_Graziani),
per ritorsione furono sterminati migliaia di etiopi innocenti, tra cui
donne e bambini.
Di quell'Italia coloniale oggi non rimane piu' niente, se non qualche
piccola traccia visibile solo agli occhi interessati di chi va' a
ricercarla: un fascio littorio su qualche ponte,
cinema abbandonati, ridotti ad edifici fatiscenti e diroccati,
ormai pochissimi anziani etiopi che ricordano poche parole d' italiano,
qualche decina di anziani italiani che vissero quell'epoca.
Delle migliaia durante l'occupazione, divenute poi' centinaia ed
infine poche decine, d'italiani a Jimma ne e' rimasto solo uno:
Riccardo Messino', nato ad Asmara nel 1930 (attuale Eritrea) da madre
eritrea e Rocco, figlio di un soldato italiano nato in Piemonte,
commerciante di bestiame ed alimentari.
Riccardo arrivo' a Jimma negli anni 50 per lavorare come meccanico in
una ditta svedese:" ero capo officina, gestivamo riparazioni e
manutenzioni del parco automezzi di una grossa ditta di costruzioni
svedese, mi pagavano bene, 4 dollari l'ora che ai tempi erano davvero
molti".
Una moglie eritrea, dalla quale ha avuto tre figli, tutti emigrati a
Nord, uno a Los Angeles, uno a Roma, uno a Londra.
Nel 1958 avvia l'officina di meccanico a Jimma:" nel ventennio 1950-70
si lavorava molto, giravano tante macchine italiane, Fiat 34,
Fiat1400, Fiat 1100, Fiat 600, tutte macchine su cui sapevo metterci
mano, ero l'unico qui a Jimma a saperle riparare".
Riccardo- un fiume in piena mentre beve caffe' e fuma una sigaretta
dietro l'altra nell' ufficio della sua officina di Jimma, che a
dispetto dei suoi 87 anni dirige ancora con gran tempra :" non potrei
fare altrimenti, se non fossi presente qui tutti i giorni, le cose non
andrebbero avanti, non mi fido dei locali, sono selvaggi"- non mi
nasconde la nostalgia per i tempi del Duce:" in soli 6 anni qui
abbiamo costruito di tutto, palazzi, scuole,  strade, il fascismo qui
ha fatto grandi cose, Io mi sento ancora fascista".

Riccardo Messino', 87 anni, nellla sua officina automobili a Jimma

Immediatamente provo a raccontargli che le opere a cui si riferisce
erano ad uso e consumo dei soli italiani, e che tra l'altro non ne e'
rimasto piu' nulla, se non macerie, come il cinema italiano che ho
visitato poche ore prima nel centro di Jimma, gli ricordo anche delle
stragi fasciste con centinaia di migliaia di vittime innocenti tra gli
indigeni, lui annuisce, borbotta qualcosa, Io mi fermo, non mi sembra
giusto mettere in discussione un nostalgico ricordo, seppur
ideologizzato ed errato, che e' una delle poche cose a cui si aggrappa
quest'uomo.
"Fino al 1966 di italiani qui a Jimma ce n'erano a centinaia, ed a
migliaia resistettero' a vivere in Etiopia anche dopo la fine
dell'occupazione nel 1941, ma dopo la vittoria comunista del Derc,
comandato dal feroce dittatore Menghistu(al Derc verrano attribuiti
centinaia di migliaia di vittime e sparizioni tra oppositori politici
e non allineati al regime comunista), rimpatriarono quasi tutti, ed a
Jimma rimanemmo non piu' di una ventina, tutti sepolti, tranne il
sottoscritto,  nel cimitero italiano qui vicino".
Riccardo, figlio dell'Italia coloniale e fascista, si sente
profondamente italiano, dell' Italia ne parla la lingua, ne mangia il
cibo, alternandolo all'injera (tradizionale piatto etiope a base di
teff, uno dei primi cereali documentati nella storia dell'umanita') ma
in realta' in Italia c'e' stato una sola volta, con suo padre
quando aveva 5 anni, da Massaua a Napoli, 5 giorni di navigazione
attraverso il mar Rosso, Suez ed il Mediterraneo.


Tecnici cinesi al lavoro per portare cavi per corrente elettricaa Jimma


Mentre parliamo, accanto alla sua officina, tecnici cinesi, supportati
da personale locale, posano cavi elettrici per portare corrente, la
colonizzazione cinese in atto e' visibile ovunque, nelle citta' come
nelle aree rurali, Riccardo li osserva infastidito: ''le strade ed i
ponti che abbiamo costruito noi italiani dopo mezzo secolo erano
ancora decenti e percorribili, quelle che costruiscono i cinesi dopo
nemmeno 10 anni sono impraticabili."

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